Dopo una mattina nebbiosa a rischio congelamento di muscoli e polmoni, finalmente le coppe dei vincitori brillavano nel cielo azzurro e le fette di salame volavano in bocca agli affamati atleti, protagonisti delle prime Municipiadi realizzate in velodromo.
Non poteva che concludersi con un festoso “salame party” la giornata organizzata per il Municipio 9 da Asi Lombardia con i volontari di dateciPista nell’anello d’asfalto “resiliente” del Parco Nord.
Una cinquantina di ciclisti, forse anche di più, hanno sfidato prima di tutto il freddo e poi i propri antagonisti nelle gare di inseguimento individuale e a squadre. Un vero successo considerando che alle nove del mattino la colonnina di mercurio a mala pena sfiorava il primo grado della scala Celsius.
Tuttavia eccoci riuniti e agguerriti, in attesa del rispettivo primo turno di gare: l’inseguimento individuale. Con intere squadre, come ad esempio la Ciclistica Bruzzano, la più numerosa, o il team I Fantastici de il Maury, il più agguerrito, scalpitanti nell’attesa di vedere con quale amico avrebbero incrociato le armi, o meglio, le ruote.
Sì perché, per chi non sapesse, l’inseguimento prevede che i due atleti partano ciascuno dal rettilineo opposto del velodromo. Uno di qua e l’altro di là. Così che non ci sia per nessuno la possibilità di sfruttare la scia dell’altro o che volino spallate. È una sfida che vede protagonista la velocità pura, un po’ come in una crono.
Potevo stare a guardare? Certo che no! Ed anche se il mio iniziale obiettivo era la gara a squadre, dove avrei indossato idealmente i colori di Eurobici gareggiando insieme a Roberto, Marcello e ad Antonio, ecco che, inaspettata, si profila l’occasione della sfida imperdibile. Già… perché non sono la sola rappresentante del mio genere. C’è Stefania della Pro Patria Triathlon! Una sorpresa ritrovarla in pista dopo la bella esperienza con la handbike.
Così eccomi catapultata di colpo a fare i conti con una sfida a due del tutto imprevista e con i muscoli e i polmoni che ancora si stanno chiedendo: ma io che ci faccio qui?
È un po’ come l’Ok corral. Potrebbe tranquillamente fare eco la classica tromba messicana che nei vecchi spaghetti western accompagnava gli sguardi gelidi dei duellanti.
Bertò, il mio coach per la crono giornalisti affrontata lo scorso luglio, regge la mia sella in attesa della partenza. Cerco di strappargli al volo un ultimo consiglio… Sono al lato opposto della pista, dove c’è già il sole. E mentre aspetto lo start mi ritrovo a pensare che 4 giri a tutta in velodromo senza scie da sfruttare e con il freddo che fa saranno probabilmente una bella faticaccia…
Vai, vaiii!!! Mi urlano. Ohibò, non ho sentito il via! Bertò mi accompagna nella spinta ed io mi sento come se mi fossi tuffata nella vastità dell’oceano, a nuotare da sola nel silenzio di onde immense. Mi alzo sui pedali e l’occhio cade sul Garmin… sono a 38 km/h! Ok, devo assolutamente rallentare. Devo stare nei 35. O almeno nei 33… oppure… boh? Mi accorgo di essere un po’ confusa. Stefania a che punto della pista sarà? Non si capisce niente… ed è fantastico riuscire perdersi nella consapevolezza di appoggiare le ruote proprio su quell’asfalto che le ha conosciute mille e mille volte. La magia della gara. Con i tanti amici a incitarti ad ogni passaggio e con la curiosità di cercare di capire qual’è la tua posizione. Sarò passata prima o dopo di Stefania a questo giro?
Primo giro: sono agile come un fringuello e ne ho da vendere. Secondo giro: butto giù un dente, come dice Bertò. Sarà troppo presto? Mah. Lo butto giù. Terzo giro: respiro affannoso. Gambe con l’inequivocabile dolorino provocato dall’acido lattico. Quarto e ultimo giro: “vaiii che sei in testa!” Mi urla Roberto di Eurobici. Oddìo… ma io non ne ho più… O quasi. Manca ancora mezzo giro. Un’eternità. Le gambe ormai sono imbottite di mattoni. I polmoni di pietra. Mentre l’ossigeno sembra essere scappato altrove, non c’è verso di acchiapparne un po’. Così gli ultimi 10 metri sono un vergognoso strazio ed è lì che invece Stefania tira fuori tutto e mi “infilza” con un colpo di fioretto a pedali rifilandomi ben 3 secondi. 3′.25″ e 3′.28″: ecco i nostri tempi. Brava Stefania! …ma alle prossime Municipiadi mi spetta la rivincita!
Ripensando alla mia gara, non c’ero con la testa. E capisco che è lì che invece bisogna lavorare.
Non manca invece un po’ di tattica per la prova a squadre. Roberto partirà in testa, secondo Marcello, poi io e infine Antonio con tutto l’entusiasmo del neo-ciclista. Si prende il tempo sul terzo e già sappiamo che non abbiamo grosse chances, ma ce la giocheremo!
Così si fa. E tutto fila liscio con cambi perfetti, degni del team Ineos. Al traguardo cerco di dare tutto, ma ho ancora qualche mattone residuo nelle gambe e così arrivo terza, un po’ staccata. A che punto della classifica siamo? E chi lo sa. E, soprattutto, a chi importa?
L’ultima gara, quella di gruppo ad eliminazione, diventa una passerella finale. E sono più numerosi i sorrisi rispetto ai soliti ghigni accaniti della competizione. Che c’è, senza dubbio, ma è filtrata dal senso del gioco.
Così c’è un premio per tutti: una coppa (no, non quella del salumiere), una fetta di salame, un bicchiere di vino… c’è differenza? No di certo. Perché le prime Municipiadi saranno sempre ricordate grazie ad un unico vincitore: il divertimento.