Si è conclusa la scorsa settimana, l’ottava edizione di Art City Bologna 2020: tante proposte che hanno riunito appassionati e professionisti del settore e non, nel capoluogo emiliano.
ARTEFIERA – 44esima edizione
Sebbene la 44esima edizione della fiera (la seconda sotto la direzione di Simone Menegoi) si sia conclusa in positivo, registrando un ingente incremento di fruitori rispetto agli scorsi anni, questa edizione non è risultata viva come le precedenti.
155 gallerie, la maggior parte italiane che hanno esposto artisti storici e, forse, dato troppo poco spazio agli emergenti.
La fiera, alla quale quest’anno si accedeva dal Padiglione Nord, si è sviluppata nei padiglioni 15 e 18. Il fruitore veniva subito accolto da una grande opera di Eva Marisaldi intitolata Welcome posizionata all’ingresso del Padiglione 18.
L’installazione comprendeva quattro dirigibili color argento ornati con drappi ricamati da motivi raffiguranti uccelli, satelliti, stelle e fuochi artificiali. Il secondo intervento dell’artista è stato quello di ”personalizzare” le bustine di zucchero -disponibili presso i bar delle fiera e in alcuni selezionati bar di Bologna- con suoi quaranta disegni, in modo da rendere il gesto irriflesso dello zucchero nel caffè un gesto poetico.
Il fil rouge tra i due interventi è il tema dell’aria, del cielo e del librarsi in alto, come cercano di fare i dirigibili esposti.
Altre proposte interessanti sono i lavori di Ruth Beraha, esposta da NContemporary. L’artista praticava il calcio a livello agonistico, ma ha dovuto interrompere l’attività sportiva a seguito di un intervento alla schiena e nella sua arte trasporta questo suo essere dura ma anche fragile, questa convivenza di due anime in un solo corpo.
La sua poetica si percepisce molto bene da quest’opera: una mazza da baseball realizzata in vetro soffiato colorato di Murano. La mazza è un oggetto prettamente maschile mentre la tecnica ed il materiale usato per la realizzazione, rendono l’oggetto in sé molto fragile e lo connotano dell’aspetto femminile.
Altro artista che incuriosisce molto è Albert Hein, esposto dalla Galleria Menhir. L’artista costruisce un linguaggio che consiste in segni, numeri, luci, giochi e soluzioni. I neon dei quali si serve, sono necessari a creare una contraddizione tra un luogo comune ed il sofisticato.
Albert Hein è un osservatore che, semplicemente esplorando le situazioni che lo circondano, ha creato un suo personale codice linguistico il quale indica altri modi di vedere le cose. Questi significati possono essere sviluppati attraverso sottrazioni della componente figurativa, dell’assenza di significato, o della nascita di un senso consequenziale in modo da esporre concetti e, per l’artista, proprio la luce rappresenta un’immagine ed un concetto.
Ora ci avviciniamo in città per parlarvi di una innovativa installazione che, tra le tante, ci ha colpiti di più.
STUDIO OCULISTICO D’AZEGLIO – Performing clouds – Pareideolie olografiche
dell’artista Michelangelo Bastiani
The Beautiful Eyes Series presenta “Performing clouds“, un’installazione olografica di Michelangelo Bastiani, composta da una grande nuvola in movimento, affiancata da altre due nubi in tempesta racchiuse in bottiglie di vetro.
Da sempre la nuvola, per la sua natura effimera e mutevole, è oggetto di osservazione ed immaginazione. Intravediamo nelle nuvole, profili, volti, animali, forme a noi familiari. L’occhio, attraverso la memoria delle immagini sedimentate nella coscienza, vede altro, oltre la forma visibile.
Pareidolia è il termine che meglio spiega questo fenomeno di illusione subcosciente, una caratteristica intrinseca dell’evoluzione del nostro cervello e dei centri adibiti al riconoscimento: vedere per assimilazione e analogia.
La sesta edizione di The Beautiful Eyes Series sarà intrisa di ipnosi, sogno e mistero, come pure di instabilità, tensione e trasformazione. Gli spettatori saranno invitati a contemplare le nuvole. L’ologramma, collocandosi in una sfera di transito tra reale e virtuale, sarà l’impianto scenico prescelto.
Ho notato alle mostre le persone chiedono spiegazioni all’artista sulle opere, anche dettagli (almeno per me ininfluenti), penso vogliano soltanto essere rassicurate, ma l’arte crea incertezza e interrogativi a cui io non so rispondere, in quel caso c’è il critico che logicizza la spontaneità e ti fa credere che tutto sia razionalizzabile.