No, non stiamo parlando di una bizzarria nel rapporto di coppia, né tentando un azzardato oroscopo per il ciclista dove alla voce “amore” la catena salta.

Il “rapportino” e il “rapportone” sono sostanzialmente due scuole di pensiero. Sono lo Ying e lo Yang del ciclismo. Sì perché, d’inverno, ovvero quando ogni pedalata viene vissuta dall’amatore come se fosse la prima, dopo un lungo letargo, ci si chiede sempre: “cosa metto? Il rapportino o il rapportone? Agilità e cuore a mille o una delle sette fatiche di Ercole?“.

La posta in gioco è portare a casa un allenamento efficace, ovvero la ben nota legna in cascina, che potrà essere bruciata poi, a primavera, quando i copertoncini torneranno a bruciare sull’asfalto.

Così c’è chi sostiene che d’inverno la pedalata deve essere super agile, che conviene, appunto, metter su un rapportino veloce, ovvero una combinazione che vede la corona, la ruota dentata davanti, anche a 50, cioè la più grande, se si è in pianura, mentre dietro il cambio scanalerà fino al 28… un bel rotellone con cui qualcuno bravo affronta anche il Muro di Sormano.

credit ph: Unsplash by Victor Xok @xokvictor

Risultato? Si frullano le gambe peggio di Froome. Chi è pratico (e ha il cuore allenato) supera persino i 100 rpm in modo costante. E la sensazione spesso è un po’ quella di girare sui rulli, anche se sei tra i campi di Gaggiano.

Poi ci sono i fan del rapportone. Roba tosta. Qui al 50 della corona davanti funge da antagonista, laggiù nel pignone, uno degli anellini più piccoli dietro. Di quelli che, per diametro, un punk potrebbe infilarsi nel lobo.

Parliamo di un 14, di un 12… insomma in questo caso la sensazione è quella di girare un pentolone di polenta. Di quelle che rimangono così dure da piantarci poi il cucchiaio in mezzo, come la spada nella roccia.

La pista ciclabile (nella foto è il meraviglioso “balcone” sul Lago di Garda) è il posto migliore per sbizzarrirsi negli allenamenti. Fondamentale la continuità della pedalata senza semafori.
Per la foto si ringrazia PH – Push Hard, abbigliamento tecnico ed emozionale per ciclismo

Ma allora quale delle due visioni del mondo è da scegliere? Quale porterà ricchi premi all’amatore che punta a sbalordire gli amici alla prima randonnée di inizio stagione?
Ecco una raccolta (semiseria) degli allenamenti diffusi tra i sostenitori dell’una o dell’altra scuola di pensiero.

Il colibrì.
Ovvero agilità sempre e comunque. Questo allenamento pare sia perfetto per chi vuole prepararsi ad una crono. I km che ti aspettano in gara saranno 16? Bene, fanne 18 senza mai scendere sotto i 95 rpm. La sensazione è un po’ quella del criceto impazzito nella ruota, ma dopo anche solo una manciata di giornate così, l’animale che infine verrà liberato dalla gabbietta sarà qualcosa di molto più grosso e potente del piccolo roditore…

Quando si corre agile anche a 30 km/h sembra di essere una scheggia: vedi il mondo con gli “occhi” delle tua gambe veloci.
Ph: Unsplash by Max Bender @maxwbender

Sciolgo le trecce e i cavalli… corrono!
Come nella famosa canzone di Umberto Balsamo che la mia giostra preferita ai giardini pubblici metteva a ripetizione, questa tecnica consiste in un bruciante “contropiede” quando, verso la fine del tot di km o di minuti che si è prefissi di raggiungere, si “butta giù il dente” e si va a tutta. Un allenamento che ha il pregio di far sognare. Ti vedi già agli ultimi metri della granfondo… e te li bevi tutti in un sorso, lasciando tutti gli altri frizzati, immobili come gatti di marmo.

Mangia e bevi.
Per chi non ha il lago di Como a portata di gambe, c’è un modo per ricostruire il su e giù rapido e costante tipico del triangolo lariano, nel lungolago che ha il suo vertice a Bellagio, impostando l’allenamento con le famigerate ripetute. Cinque minuti di rapportino e cinque minuti di rapportone. Per tornare alla metafora equina di prima, la domanda qui è di natura più cinefila: “ma non si ammazzano così anche i cavalli?“. Dalla locandina del famoso film sulle gare di ballo, la frase si stampa ben presto in testa all’amatore che azzarda un’oretta di questo tostissimo allenamento, perfetto per affrontare i rilanci alle rotonde della prima granfondo di stagione.

Il caterpillar.
È sufficiente come metafora di potenza? O si preferisce lo schiacciasassi? Si perché qui all’idea di potenza deve mischiarsi la sensazione di essere inarrestabili come un destino. Metti il 50 o il 52 davanti e dietro non vai mai sopra il 14. E poi spingi, per 15 inesorabili minuti senza mai scendere sotto i 70 rmp. Sù… fatti questa bella bevuta di acido lattico e vedrai che poi, vicino al ginocchio, ti sembrerà di leggere il tatuaggio “push hard”. Ogni tua fibra muscolare soffrirà, morirà e, magari con l’aiutino dell’R2 di Enervit, ovvero l’aminoacido che a fine allenamento si prende cura di te come una crocerossina, potrà infine risorgere più forte e più bello che mai.

Quando il gioco si fa duro… il rapportone “uccide” e fa risorgere il muscolo più forte che mai.
ph: Unsplash by Clem Onojeghuo @clemono2

Stiamo quindi scherzando? Sono allenamenti-burla? Non proprio… del resto anche Arlecchino ridendo e scherzando diceva la verità. E questa verità non nasce “imparata”, ma è una raccolta dei tanti buoni consigli che, tra un giro e l’altro al Velodromo Parco Nord arrivano da campioni e atleti di grande esperienza come Gianfranco Bertò, che di crono ne ha vinte parecchie, Mario Bodei, il nostro presidente, che ha tecnica e agilità da vendere, Francesco Centrone, che ha trasformato la sua palestra di spinning nel tempio dell’allenamento invernale per i ciclisti, o Francesco Papa, che da velocista esperto sa mixare la tecnica al talento puro…

Insomma, tranquilli, non è farina del mio sacco! Ognuno scelga l’allenamento più congeniale senza timore di incappare in una sòla e… pedalare!

 

Per la foto di copertina si ringrazia PH – Push Hard, abbigliamento tecnico ed emozionale per ciclismo