Abbiamo incontrato Palmiro Noschese, uno dei massimi esperti italiani del turismo e del settore hotellerie e hospitality.
Intervista a Palmiro Noschese
Come ti sei avvicinato a questo mondo e a questo settore? Da ragazzo quali erano i tuoi sogni? Sei sempre stato affascinato dal mondo del turismo e dell’hospitaliy? Cercare di capire il punto di partenza è importante. Io sono arrivato in questo mondo un po’ per caso. Mi ero iscritto a ragioneria e negli ultimi giorni prima della fine delle scuole medie, vennero due professori della scuola alberghiera a presentare il loro istituto. Ci raccontarono che chiunque si fosse iscritto alla loro struttura avrebbe avuto la possibilità di viaggiare. Quel giorno io rimasi praticamente folgorato da questa loro presentazione, così che il giorno seguente cancellai la mia iscrizione a ragioneria, per iscrivermi alla scuola alberghiera. Nella mia famiglia nessuno aveva mai lavorato in questo settore, ma quello è stato il mio primo passo. Anno dopo anno mi appassionai sempre di più e per questo durante la stagione estiva andavo sempre a lavorare in giro per il mondo, iniziando a fare il cameriere. Io non volevo fare né il cuoco, né il cameriere, ma il fatto di poter viaggiare mi piaceva molto, così iniziai facendo il cameriere.
Qual era il tuo sogno fino a quel momento? Fino a quel momento il mio modello era la mia famiglia, intesa come integrità e onestà, sempre con l’idea di fare le cose fatte bene. La mia famiglia non era ricca, mio padre era impiegato e mia madre casalinga e il mio sogno era comunque quello di avere una casa, una macchina, dei bei vestiti e di fare la bella vita. I miei genitori mi dicevano che per fare la bella vita dovevo studiare e guadagnare; io ho avuto le abilità di poter accedere a una professione che mi ha sempre dato la possibilità di viaggiare, di fare ciò che mi piaceva e di guadagnare, riuscendo così ad avere ciò che desideravo. Il mio primo lavoretto fu quando avevo 15 anni e me lo trovò proprio mio padre: fu un’estate piena di lavoro, ma anche di soddisfazioni e di tanto divertimento.
Dopo queste prime esperienze professionali come si è evoluta la situazione? Io non pensavo di fare ciò che faccio oggi. Il mio sogno era quella di fare il capo ricevimento, che è una qualifica di capo servizio all’interno di una struttura alberghiera. Questo era il sogno della mia vita ed era una cosa che io all’epoca vedevo molto lontana. Poi mi sono accorto che con tenacia, passione e dedizione, è necessario anche incontrare delle persone che nella vita di ognuno fanno un po’ da coach, dando fiducia e insegnamenti, incoraggiando. Il mio switch è stato quando ho incontrato sulla mia strada un direttore che ha visto in me un talento, dandomi l’ambita qualifica di capo ricevimento, dicendomi che per me quello era solo il punto di partenza e non il punto di arrivo come io credevo. Ho raccolto la sua sfida e, sulla base di questo, ho capito che avrei potuto fare qualcosa di più importante, anche a livello manageriale. Mi sono sempre guadagnato tutto ciò che ho avuto.
Cosa sognavano i tuoi genitori per te? Loro volevano un figlio commercialista, medico o avvocato. Io li ho comunque accontentati dando loro molte soddisfazioni, anche se all’epoca non presi la laurea. La mia fidanzata, (che oggi è mia moglie) è medico, quindi avevo comunque trovato la soluzione! Nel 2015 ero già un general manager e, nei ritagli di tempo, mi sono iscritto all’università e grazie anche ai miei figli mi sono laureato in Turismo per i Beni Culturali. A distanza di tanti anni ho “regalato” ai miei genitori anche una laurea, alla quale loro tenevano molto.
Da genitore, cosa desideri per i tuoi figli? Un po’ come mio padre, io sono per dare fiducia ai figli. I miei 3 figli studiano e fanno ciò che amano. Devono fare ciò che a loro piace e quando ho la possibilità lascio loro anche dei consigli. Mio padre mi ha sempre detto di avere fiducia in me e io questo voglio trasmetterlo ai miei figli, perché la fiducia è alla base di ogni rapporto, lavorativo e personale.
Arrivato alla qualifica di capo ricevimento, che tipo di esperienza è stata? Io credo che per me arrivare a quella meta fosse la cosa più difficile. Quello che è avvenuto dopo è stato un gioco da ragazzi, perché il percorso in salita è stato quello che mi ha fatto arrivare al ruolo di capo ricevimento. Dopo 5 anni di attività di capo ricevimento mi sono ritrovato ad avere la qualifica di dirigente, quindi ho fatto un salto che mai avrei creduto. In quei 5 anni ho imparato da tutti, sono stati periodi di vita lavorativa davvero intensa, ma dalle molte soddisfazioni. Dal 1997 mi sembrava che tutto andasse bene sempre.
Quando sei diventato dirigente che ambiente era quello dell’hospitality? Com’era per un giovane dirigente la vita? La mia forza di oggi è quella di aver mantenuto sempre i piedi per terra, cercando di essere sempre umile, ma consapevole di essere un manager importante con un certo power. Ancora oggi una volta al mese vado a mangiare la pizza con i miei vecchi compagni di scuola, loro sono parte della mia vita e della mia normalità. Sono anche stato convocato al Quirinale dal Presidente della Repubblica, che mi ha nominato Maestro del Lavoro: questo lo dico per far capire che da cameriere sono diventato Maestro del Lavoro e ancora oggi mi sembra un po’ un sogno, ma mi ha aiutato a credere che niente è impossibile. Piedi per terra sempre e consapevolezza che nessuno potrà mai portarmi via la curiosità e la passione che ho.
Che ruolo ha avuto tua moglie nella tua vita e nella carriera? Una figura fondamentale. Un grande uomo ha accanto una grande donna. Dopo mia madre ho avuto accanto a me mia moglie. La conosco da 35 anni e insieme abbiamo condiviso praticamente tutto, compresi momenti di stress. Senza di lei tutto ciò che abbiamo adesso non sarebbe stato possibile. I miei genitori hanno contribuito all’inizio, ma poi è stata mia moglie ad essere vicina alle mie decisioni, che ha sempre appoggiato, nel bene e nel male. Poche critiche e molti incoraggiamenti. Secondo me la vita personale e quella professionale fanno parte di una sola cosa: le 24 ore della giornata devono essere bilanciate su ogni aspetto della vita. Se tutto funziona il successo è assicurato, anche con le difficoltà. Per me essere amico del presidente dell’ENIT e del mio vecchio compagno di scuola è un grande successo.
Qual è uno dei momenti più belli della tua carriera? Sicuramente quando ho avuto l’onore di stringere la mano al Santo Padre. Incontrare dal vivo Papa Francesco è stato molto emozionante e rimarrà sempre indelebile il ricordo di quel nostro sguardo che ci incrocia. Ogni volta che riguardo questa foto, sento una nuova ondata di energia positiva.
Dal 1992 ad oggi come hai visto cambiare il settore del turismo? L’ho visto cambiare totalmente. Inizio ad essere senior, sono passato da diverse fasi. Oggi il mondo del turismo è completamente cambiato. Oggi, se si vuole essere manager del turismo bisogna affrontare lo scoglio del digital, perché relazione e accoglienza non sono più sufficienti; si deve essere più digitali e anche io sto cercando di essere al passo con i tempi anche con il mondo dei social. Con i viaggiatori di oggi, implementando le giuste tecnologie, si possono davvero superare le aspettative degli ospiti. Oggi non è pensabile vivere il mondo del turismo come si faceva 30 anni fa. Anche per questo è importante continuare a formarsi e a informarsi. Io in questo mondo di oggi mi ci trovo perfettamente a mio agio, perché porto con me l’esperienza di anni fa, combinando le conoscenze in materia di digitalizzazione che oggi sono così necessarie per fare turismo. Le sfide sono molte, ma l’importante è prepararsi e questo vale per tutte le professioni. Curiosità, tenacia e passione per me sono una guida.
Che consiglio daresti ai giovani che vorrebbero intraprendere una carriera come la tua? I giovani non si devono scoraggiare e devono crederci fino in fondo. Nel momento in cui un giovane è convinto di ciò che vuole, ci deve provare attraverso tutti i modi etici, salendo la scala gradino dopo gradino, senza scavalcare i gradini, perché in questo modo, quando si arriva all’apice, ci si rimane. Lavoro, formazione continua e passione sono la chiave per arrivare: bisogna sempre ascoltare il cuore e ascoltare i consigli dei genitori, che sono sempre portatori di buoni consigli, dati con esperienza e amore per i figli. Alla base di tutto per me c’è la passione, perché la passione porta lontano.
Come ti vedi tra 10 anni? Io sono soddisfatto di ciò che ho fatto. Fra 10 anni, lavorerò, mi impegnerò e mi piacerebbe ricoprire un ruolo governativo. Mi piacerebbe lavorare nel ministero del turismo, mettendo a disposizione del paese il mio know how. Siccome sognare non costa nulla questa è la mia ambizione professionale e se non capita io sono contento lo stesso. La mia ambizione personale è invece quella di vedere la mia famiglia stare bene e i miei figli realizzarsi come abbiamo fatto io e mia moglie.