Primo pensiero: panico, panico, panico, è bellissima come faccio a farglielo capire, non si può, forse se si vedesse coi miei occhi?
Subito dopo il mio pensiero è andato ad una lezione di psicologia generale a cui ho partecipato nel lontano 2014, in cui la professoressa ci ha confessato che noi ci vediamo 7 volte più belli rispetto a come ci vedono gli altri.
Questa stregoneria in psicologia si chiama Effetto della mera esposizione e consiste nello sviluppare una preferenza per le cose che sentiamo più familiari. Probabilmente ora non vorrete continuare a leggere questo articolo pensando che non farò altro che deprimervi, non vi preoccupate via il dente via il dolore da qui è tutto in discesa.
Infatti, c’è da dire che allo specchio tendiamo a vedere e enfatizzare le cose di noi che non ci piacciono, il brufolo in mezzo alla fronte, la cellulite, le tette piccole, le maniglie dell’amore, le ginocchia storte, perdendo così l’immagine complessiva. Questo meccanismo viene inoltre accentuato dal nostro umore. Se siete di cattivo umore evitate gli specchi come la peste! Tirando le somme, per quanto detto finora, si può sostenere che l’idea che abbiamo di noi è alterata e non corrisponde alla realtà, il che non è per forza un male.
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Da queste premesse prosegue il mio flusso di coscienza. Mi chiedo, per piacersi bisogna per forza avere un fisico statuario con tanto di addominali scolpiti e culo sodo? Da quello che vi ho appena svelato sembrerebbe di no, ci sono sicuramente altre variabili in gioco. E quindi forse la domanda “la bellezza è soggettiva o oggettiva” ha finalmente una risposta, a differenza dell’ancora complicata e inestricabile questione “è nato prima l’uovo o la gallina”.
Sono, quindi, pronta ad affermare che la bellezza è soggettiva. Pensiamo solo a quanti prodotti in oriente vengono prodotti per schiarire la pelle e, al contrario, quanto in occidente sia importante essere abbronzati. L’estetica, la cultura e l’ambiente sociale in cui viviamo condiziona la nostra percezione, ma non sono gli unici fattori.
Piccolo aneddoto. Se qualcuno dovesse chiedermi qual è stato il periodo più spensierato della mia vita io risponderei quello della prima adolescenza, i miei 16 anni: non avevo preoccupazioni, avevo una grande amica al mio fianco con cui condividevo tutto, mi stavo godendo la vita e mi sentivo bene bene, anche con quelli che, col senno di poi, ho considerato chili di troppo.
Il fatto buffo è che mi sono accorta di quel “troppo” solo a distanza di anni, quando quel “troppo” è diventato “poco” e la mia vita grigia. Esteticamente, verso i 20 anni, ero molto più conforme ai canoni di bellezza riconosciuti, ma mi sentivo decisamente meno bella e meno a mio agio col mio corpo.
Perché non stavo bene con la mia personalità e con il mio modo di vivere la vita. L’apparenza è sicuramente la più esposta sia al proprio che al giudizio altrui e questo probabilmente la rende la più sensibile, ma secondo me anche la più facile da modellare. La personalità, con i suoi pattern comportamentali stabili e fissi, è più complessa e più difficile da modificare ed anche quella che secondo me maggiormente influenza il processo di accettazione e di amor e verso sé stessi.
Tornando alla domanda iniziale, la risposta che dopo queste riflessioni mi viene da dare è che piacersi è un casino! Perché è un concetto complesso, costituito da diverse componenti, che coinvolgono tutte le sfere dell’essere: l’estetica, la personalità, la cultura, le contingenze esterne. E per piacersi tutti questi elementi devono combinarsi secondo un meraviglioso allineamento astrale.
“Una realtà non ci fu data e non c’è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile”, saggio Pirandello. La bellezza è soggettiva, freghiamocene dei canoni e di quello che dovrebbe essere, siamo noi per quello che crediamo essere bello e per quello che ci permette di piacerci e di amarci.
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