Oggi. 24 06 2020. Ricomincio da qui.
Ricomincio da me, ricomincio con la corsa programmata. Oggi mi riprendo in mano la mia vita.
C’è una frase di Alex Zanardi che mi piace molto e che ultimamente ripeto come un mantra.
Esatto, da oggi la vita me la riprendo, e corro.
L’anno scorso in questo stesso giorno mi hanno confermato la diagnosi di un tumore al seno.
E il mio mondo mi è crollato addosso nell’ arco di pochi, pochissimi secondi, giusto il frangente di poche parole. Sensazione di impotenza e disperazione.
Io abituata a comandare, io che tutti i miei obiettivi li porto a termine a costo di qualunque sacrificio.
Oggi a distanza di 1 anno da quel momento, dopo chemio, radio, immunoterapia, operazione, oggi ho deciso di indossare le mie scarpe da corsa nuove di pacca e di uscire a correre.
Esorcizzare, buttare alle spalle tutte le cose brutte senza mai più voltarsi indietro e guardare al futuro.
Come sulla linea di partenza della maratona. Pronti via e un solo obiettivo, arrivare fino in fondo e tagliare il maledetto traguardo per prendersi la medaglia.
Nell’ arco di una maratona vivi tutto, gioia, commozione, disperazione, incazzatura, dolore, voglia di rivalsa, frustrazione, felicità infinita. 42.195 metri di emozioni.
Oggi come nel 2015, ho un grande, ambizioso obiettivo.
Correre la Maratona di New York, per la seconda volta.
Voglia di rivalsa di conferme, voglia di sentirmi ancora una volta sul tetto del mondo. Tutti i traguardi delle maratone ti fanno sentire così, ma a New York un po’ di più. New York e il tifo della sua gente hanno una energia particolare. Quella che appena tagli il traguardo ti fa venire voglia di ricominciare a correre e fare un’altra maratona.
Progetto spazzato via dal COVID19, è notizia fresca di poche ore infatti che anche la maratona di New York è stata cancellata e rimandata al 2021.
Rimandato ma non annullato e se aspettare diventerà troppo lunga, sicuro mi invento qualcosa per l’autunno.
Al di là della maratona, il mio obiettivo ora come ora è quello di tornare a correre come prima, più forte di prima e non fermarmi più.
La parte più difficile della ripresa è non solo recuperare il fiato, ma anche la forma mentis calibrata al sacrificio, la sveglia all’alba, affrontare tutto ciò con il caldo estivo milanese.
Io odio il caldo umido, le zanzare, la polvere, l’umidità, il traffico e lo smog.
Amo l’estate però. Riprendere a correre in shorts e maglietta è una pacchia per davvero. Anche sotto un bel temporalone estivo, pioggia tiepida che ti rinfresca e cosi come ti sei bagnato altrettanto velocemente ti riasciughi.
Ricordo di una corsa estiva al lago in cui mi sono lavata e asciugata almeno tre volte. Una delle migliori esperienze della mia vita, di quelle che ti fanno sentire viva e libera.
Perché quando corro mi sento libera da tutto e tutti. Sono io, le mie gambe, la mia testa e almeno per quell’arco di tempo posso concedermi il lusso di non pensare a nulla se non a me stessa.
La cosa che da forza più forza di tutto? La motivazione e il frenetico desiderio di raggiungere l’obiettivo prefissato, tanto mi basta per andare oltre tutti i dubbi e il mio essere pigro per natura.
La prima volta che ho corso New York non avevo idea di cosa volesse dire farlo per ben 42 kilometri, ora che di maratone ne ho corse 9 e so perfettamente quello che mi aspetta ne sono un po’ intimorita, la testa viaggia e l’istinto a volte frena. Non è tanto la gara quanto la preparazione. Attività programmata, tabelle di kilometri da macinare, dieta, sacrifici sotto tutti i fronti, abnegazione totale alla corsa e a volte, tutto ciò non mi sembra neanche più tanto divertente e mi chiedo chi me lo faccia fare.
Ora come ora faccio fatica ad arrivare ai 10 kilometri, diciamo pure anche ai 5.
Al massimo della forma, prima del mio personale Big Storm, erano il minimo sindacale per farmi infilare le scarpe da corsa. Sulla velocità non mi esprimo.
Immaginate quindi il mio orgoglio quando torno a casa e sul Garmin leggo il numero dei Kilometri fatti. Ai 5 consecutivi mi sono commossa, ai dieci probabilmente berrò un prosecco. Non sto scherzando. Io che non riuscivo davvero a capacitarmi del fatto che alcuni amici neofiti runner si arrendevano dopo poche centinaia di metri.
Domenica ho corso per 50 minuti senza fermarmi. Lenti, ma sulla velocità di lavorerò poi. Ogni dieci passi guardavo il quadrante dell’orologio per capire quanto avessi corso e quanto mancava allo stop, non mi passava più. Quando comincia cosi è davvero un inferno. Era caldo, tanto, troppo e una voce nella testami ripeteva “ancora un minuto e mi fermo” e per contro mi rispondevo “fermarsi ora che il più è fatto è da codardi e con quello che ho passato, Greta non si ferma.”
E andavo avanti qualche metro. Mi sembravo una pazza, ma almeno mi è passato il tempo. Non ho mollato, ho finito il mio programma ed ero la persona più stanca e più felice del mondo, come sempre capita. Le endorfine non mi deludono mai anche a velocità bradipo.
La lentezza mi colpisce l’orgoglio, il mio Coach mi dice sempre che devo essere umile e avere pazienza.
Ne faccio ammenda e tesoro, ma chi combatte il cancro ha fretta di vivere, di recuperare il tempo perso, di ritornare in forma presto, di mordere l’asfalto e tagliare il traguardo, quel traguardo ancora una volta. Di sentirsi infallibile e invulnerabile.
Per ora, passo indietro, obiettivo meno ambizioso. Mettere kilometri nelle gambe. anche Il corpo ancora non risponde agli stimoli, i muscoli vanno ricostruiti, il fiato allenato, la postura corretta. Sincronizzare il respiro con i passi. Ottimizzare e limitare gli sforzi. Ricominciare tutto da capo, guardare avanti senza voltarsi indietro a quella che ero e diventare una persona nuova e diversa.
I primi passi sono lenti, studiati, dopo quasi un anno che non corro in maniera costante e continuativa mi sento goffa, disarmonica, le ginocchia mi fanno male, a tratti le gambe cedono, ho paura di cadere, faccio passi stretti e trattenuti, non sono sicura e mi sento come se la corsa non mi appartenesse più, Devo riappropriarmi della consapevolezza del mio corpo, scatta la Greta competitiva quella che non si ferma davanti alle difficoltà, anzi, al contrario, le vede come una opportunità per migliorare e per trarne qualcosa di buono. Lavoro sulla postura e sull’appoggio del piede, non si sa mai che smetto di correre troppo sulle punte. Se non adesso quando?
New York 2021.
Quel traguardo lo devo a me stessa in primis e a chi ha sempre creduto in me.
Lo so alla fine come funziona ci sono già passata una volta e ne ho corse altre 8 dopo, ce la farò anche questa volta e sarà una fantastica avventura.
Anche perché la correrò con Kathrine Switzer e tutto il team 261Fearless.