Ti occupavi di comunicazione e pubbliche relazioni, poi hai iniziato a lavorare con Alfio Bardolla. Qual è stato il passaggio che ti ha portato a fare questo cambiamento? Il passaggio è stato un po’ casuale, dovuto a una serie di coincidenze dettate dal momento personale che stavo vivendo e da quello che avevo vissuto a livello professionale fino a quel momento: nel 2017 lavoravo per un’azienda che era in difficoltà economica e aggiungiamoci anche che ogni giorno facevo 130 km tra andata e ritorno, quindi questo non mi faceva stare tranquillo. Stavo poi anche vivendo un momento di difficoltà a livello personale e familiare. A quel punto sono andato a lavorare per un’agenzia di comunicazione di Milano, ma le cose non sono andate come desideravo e così ho deciso di fare qualcosa di mio, facendo il freelance come ufficio stampa e pr, perché io arrivavo da quel mondo. Ho dunque contattato diversi clienti che sembravano contentissimi di lavorare con me, ma senza poi mai arrivare a un punto definitivo. Tramite conoscenze è successivamente arrivata l’opportunità di lavorare con Alfio Bardolla, per il quale ho fatto il copywriter, seguendo anche un paio di progetti specifici.
Conoscevi già Alfio Bardolla? No, non lo conoscevo. Quando mi hanno proposto di lavorare per un’azienda che si occupava di formazione finanziaria ero un po’ scettico, perché non credevo che fosse il mio posto e perché non sapevo niente di formazione finanziaria. Ciò che mi ha fatto cambiare punto di vista è stato leggere i libri di Alfio Bardolla, perché mi si è aperto un mondo: lui parla di un argomento non proprio semplicissimo con un linguaggio che tutti possono comprendere e questo mi ha fatto cambiare idea.
Prima di arrivare a questo punto che rapporto avevi con il denaro e la finanza? Io arrivo da una famiglia in cui i miei genitori hanno lavorato per tutta la vita in banca e mia sorella lavora per un’azienda para-bancaria; io ero un po’ la pecora nera della famiglia! Sono però sempre cresciuto con quelle idee legate al mutuo, al posto fisso… e anche a livello finanziario avevo idee di investimenti, ma senza pensare di avere grandi entrate extra. L’approdo in Alfio Bardolla Training Group mi ha completamente fatto cambiare prospettiva e io ho di conseguenza rivoluzionato il mio modo di vivere.
Come vivevi prima e come hai cambiato il modo di vivere? Vivevo da dipendente anche se poi sono diventato freelance. Per me la regola era lavorare dal lunedì al venerdì, dalle 9.00 alle 18.00 (anche se poi non erano mai le 18.00), poi devo dire che il lavoro da freelance mi ha molto aiutato, perché ho cambiato modo di gestire la mia vita personale, soprattutto in momenti critici come quello che stavo attraversando. Ho venduto la casa e questo mi ha permesso di guardare a cose nuove che ancora oggi mi creano interesse. Sono convinto che la libertà finanziaria esista e si possa raggiungere, con fatica e con impegno, ma si può raggiungere.
Da Alfio Bardolla a metterti per conto tuo come coach e copy quale è stato il passaggio? Io ho sempre avuto il desiderio di insegnare. Mi sono sempre visto un po’ come coach, anche se non sapevo bene di cosa. Parlando poi con un mio ex allenatore di calcio che anche lui aveva fatto un corso di coaching, ho deciso di cogliere al volo la possibilità quando si è presentata: ho frequentato questo corso in cui mi sono diplomato superando brillantemente gli esami e questo mi ha fatto capire che la figura del coach è una figura importante, perché non fornisce soluzioni, ma ti aiuta a trovarle, cosa in cui credo molto. Il coach aiuta a guardare da altre prospettive, trovando le soluzioni più adeguate.
Tu sei anche un allenatore di calcio, giusto? Quanto questo tuo essere coach a livello personale ti aiuta nell’allenamento delle squadre? Come metti in pratica il tutto? Dopo aver smesso di giocare nel 2018 ho iniziato subito facendo l’allenatore, inizialmente con la squadra di mio figlio, composta da bambini piccoli, poi sono passato all’età della scuola media e al livello agonistico. Ciò che mi ha aiutato tanto è l’ascolto, perché è un aspetto fondamentale: saper vedere gli atteggiamenti dei ragazzi in un’età così delicata mi aiuta tanto. Il coaching non dice che esistono domande giuste, ma solo domande che hanno effetto, e questo mi porta a capire come approcciare ai ragazzi e quali domande fare loro, per scoprire come stimolarli. A questo sono arrivato anche grazie al corso UEFA B che ho fatto e che conteneva anche una parte di psicologia.
Come trovi questi corsi? Cosa ti lasciano questi corsi per allenatore che toccano anche sfere di psicologia? Io credo che a certi livelli si debba essere molto psicologi e ottimi organizzatori. Bisogna sapersi rapportare a livello di relazioni. Io ho trovato molto interessante il corso per allenatore, anche se alcune materie inserite nel programma andrebbero approfondite maggiormente. Per quanto riguarda la psicologia invece devo dire che è molto interessante, perché tocca sfere motivazionali che sono davvero utili.
Tornando invece al tuo nuovo percorso, colpisce molto il tuo sito lucacoscelli.com che riporta il motto “fai tutto con il sorriso”. Quanto è importante questo per te? Perché lo hai voluto evidenziare in questo modo? Si tratta di una frase non mia, ma che ho fatto mia (e che mi sono tatuato anche sul polso destro), perché cerco sempre di sorridere in qualsiasi situazione. Penso che sorridere non costi nulla, che metta sempre di buon umore e trovo che sia un bel messaggio. Per me è un mantra di vita, uno stile di vita che cerco di riproporre nel mio modo di fare copy e in tutta la vita in generale.
A proposito di relazioni, cosa vuol dire coachability? È un passaggio che si fa nella sessione zero, quando coach e cliente parlano di tutto ciò che verrà fatto durante il percorso ed è in quel momento che si verifica se c’è la coachability: il coach non fornisce soluzioni, non garantisce il risultato e non promette niente e il coachee (il cliente) a dover trovare le soluzioni dentro di sé grazie al supporto del coach e al lavoro che quest’ultimo lo porta a fare. Ecco che quindi il cliente deve essere a conoscenza di queste cose, senza pretendere garanzie di vario tipo. Se il cliente è d’accordo, c’è la coachability.
Le persone che ti contattano per quali tipi di problematiche si rivolgono a te? Solitamente sono problematiche a livello personale, per ora non mi è ancora capitato di dover avere a che fare con aziende che volessero raggiungere obiettivi specifici. Quelle che mi contattano sono persone che vogliono superare momenti difficili, trovando soluzioni a livello personale, un po’ come ho fatto io.
Per quanto riguarda invece il copy, che tipo di servizi proponi? Qual è il tuo metodo e il tuo modo di lavorare? Io intendo il copywriting come un modo per trasmettere emozioni; penso che la scrittura sia una forma di espressione fantastica per esprimere concetti e trasferire emozioni. Questo è il mio stile, perché in ogni testo che mi viene richiesto, l’obiettivo è parlare in modo chiaro e coinvolgere il lettore dando emozioni. Quando rileggo i testi, se mi suscitano emozioni, allora vuol dire che sto percorrendo la strada giusta.
Tu parlavi anche di un progetto editoriale. Stai dando vita a un libro? In realtà sono 2. Uno è già stato scritto e stiamo avendo solo qualche fatica a pubblicarlo su Amazon per questioni burocratiche. Si tratta di un romanzo mistery che ho scritto insieme a una ragazza (Angela Barbares) durante il lockdown; la storia è originale e quando la rileggo mi piace sempre di più. Il libro si chiama “ID-19. L’ordine del tempo” e il sottotitolo è “Il libro con l’anagramma”, perché all’interno del romanzo c’è la protagonista che deve svelare un suo anagramma e contemporaneamente il lettore che deve svelare un anagramma contenuto nel testo. Il primo che lo svelerà correttamente avrà un premio in denaro. L’altro progetto invece è un libro tutto mio che racconta di scrittura e fornisce dei consigli e dei suggerimenti che potrebbero servire a chi vuole approcciare alla scrittura.
Se dovessi scegliere una sola cosa che vorresti essere sicuro al 100% di tramandare ai tuoi figli, quale sarebbe? Ne sceglierei 3: gratitudine, rispetto e sorriso. Sono secondo me ingredienti fondamentali. Una frase che mi ha sempre colpito di Alfio Bardolla e che ho sentito al primo wake-up è “Un uomo grato è un uomo già ricco abbastanza” e questo mi ha molto colpito, perché trovo che sia vero. Ci vuole poi rispetto per tutti, in primis per se stessi e poi è fondamentale affrontare tutto con il sorriso.
Quali sono i tuoi prossimi progetti? In questo momento ho una collaborazione importante con una realtà con la quale ho lanciato un progetto che si chiama “WeFamily” (wefamily.it) ed è incentrato sulla capacità di costruire una famiglia consapevole in cui puntare al benessere, che non vuol dire benessere economico, ma benessere a livello di equilibrio e di dialogo per avere una famiglia serena. È un progetto che ho lanciato insieme a Francesco Chesi (family coach) e a cui sono molto legato (anche per averlo aiutato nella stesura del libro EVVIVA IL FALLIMENTO) perché a volte ci si dimentica che la famiglia è il pilastro della società. Ciò che ho imparato da Francesco è che nulla accade per caso e se qualcosa accade è perché doveva accadere.
Fonte foto: press office Luca Coscelli