Ce lo racconta Cellula, spazio ibrido in bilico fra la rete e la Terra, che prova a dare forma al presente dell’arte per capire da che parte andrà il suo futuro.
Una rampa di lancio che punta a un altrove tutto da definire. Il Salento sembra un po’ questo, a guardare una carta geografica dell’Italia, e forse non è un caso che proprio ai confini del Salento sia nata Cellula, uno spazio che esiste ma non come lo si vede, destinato a ospitare opere d’arte create da artisti veri dai nomi inventati.
E bisognerebbe chiedere loro se non sia la prima volta che si sentono liberi, lanciati da quel nome di fantasia in una dimensione dove si può giocare con l’identità, croce e delizia di ogni umano, superando biografie più o meno complicate e abitudini.
Cellula porta con sé una dose indispensabile di pragmatismo levantino mixata a quello slancio congenito verso il nuovo. Cellula è una galleria d’arte, quindi lì si espone, si compra e si vende, ma è una forma di esperienza nuova, dove si è a tu per tu con un oggetto, un’immagine o una visione senza filtri razionali, senza nessuno accanto a cui formulare un commento, senza pre-giudizi. Si ‘entra’ in Cellula e ci si spoglia, lo fa l’artista cambiando il nome, e lo fa ognuno di noi perché osserva da solo e si lascia il diritto a ogni emozione.
Del resto, la Cellula è pura biologia. Quasi quasi siamo tentati di pensare che il futuro dell’arte non si giochi tanto sul tema reale/virtuale ma su una nuova attitudine, più ingenua e necessariamente meno cerebrale perché diretta e non mediata. Lo chiediamo a chi ha pensato tutto questo, però, e che dopo aver inaugurato con la mostra ‘Ninfetta’ di Pasavento, si appresta a lanciare la seconda: ‘D’Amante Pensante’ di Damante Grezza e Achille Pensante.
Cellula, come scrivete nel Manifesto, sa di poter non essere. L’arte tridimensionale che entra nel web esiste ancora? Cosa succede nel passaggio da reale a virtuale e viceversa, che Cellula propone? Sì, esiste, a meno che si decida, come scelta autoriale, di far vivere l’opera esclusivamente attraverso un gesto virtuale, circoscritto temporalmente in un determinato momento. Per esempio, la prima mostra “Ninfetta” di Pasavento ha avuto momenti eterogenei e sperimentali di cui esistono documentazione fotografica, testuale, video e naturalmente le opere che tra l’altro sono in vendita. Per scelta dell’autore, Pasavento oltre che un nome è un progetto work in progress che continuerà ad esistere. È anche rilevante sottolineare che Cellula, essendo un luogo sui generis e un ambiente espositivo destrutturabile a seconda dei contenuti, diventa a sua volta un’opera, innescando un processo a matrioska.
Come si convince un artista a spogliarsi del proprio nome e ad abbracciare la vostra filosofia eco-ego? Partendo dal presupposto che un artista può averne bisogno. Marcel Duchamp-Rose Selavy e Lucy Schwob-Claude Cahun insegnano. Ciò non toglie che il nome reale dell’artista possa essere dichiarato, anche rispetto alla collaborazione con Cellula, al di fuori dei canali di comunicazione legati a Cellula, social in particolare.
Il futuro della galleria d’arte è digitale? A breve termine, è ibrido digitale-fisico. A medio termine ci sarà, e già sta avvenendo in molti ambiti, un ritorno della pittografia traslata negli spazi virtuali anche artistici. A lungo termine forse, in un gap spazio temporale di un ipotetico ritorno al futuro, si tornerà alla pittura rupestre esposta all’interno di nuove (?) caverne.
Cellula ridisegna lo spazio, costruendolo in scala, e il tempo dell’arte, di cui ciascuna opera, come dite, è un frammento infinito. Quando si ricompone lo spazio-tempo nell’esperienza? Quali sono i punti irrinunciabili di contatto fra arte e sensi? La consuetudine alla comunicazione social attraverso apparecchi retroilluminati porta inevitabilmente a visualizzazioni forzate. Nelle immagini delle opere trasmesse in digitale lo spazio-tempo si ricompone attraverso l’esperienza della visione, ossia quel passaggio successivo alla visualizzazione che consente di riconnettersi con il reale, anche solo idealmente, pur rimanendo virtuale. I punti irrinunciabili tra arte e sensi sono soggettivi seppur legati a molteplici fattori collettivi. Uno di questi è quello di poter riuscire a muoversi fluttuando tra diversi livelli di realtà, in modo consapevole e appunto, sensibile. Parliamo quindi di una modalità preferenziale che le attività umane definite come Arti posseggono.
Fluidità, neutralità, movimento. Cosa è successo a Cellula fino a oggi, con la prima mostra, e cosa sta per succedere? Cellula è un progetto generato da poco tempo che si sta strutturando attraverso il contatto con artisti e non solo, il perfezionamento della comunicazione on-line e i canali commerciali, con l’intento di crescere fino alla creazione di un tessuto cellulare appunto, leggero e autoportante, anche con momenti di inoperosità. Pasavento, il primo artista a partecipare, ha interpretato Cellula in perfetta adesione con la filosofia del progetto, portando le sue opere e se stesso all’interno di un luogo dove ha sfasato ulteriormente la percezione spazio temporale anche a distanza. In programma a breve ci sarà “D’amante Pensante”, una mostra di opere realizzate ed allestite da Achille Pensante e Damante Grezza, uno pseudo-duo dalle biografie improbabili che in modo folle e giocoso metterà in scena una riflessione sui generi con opere specchianti e fluide.
Fonte foto: press office Cellula