Come nasce la tua passione per la musica e per questo genere musicale? Tutto è nato dal quartiere dove sono nato, Quarto Oggiaro, piena periferia milanese. Mia cugina, più grande di me, lavorava nell’ambiente, lei era a Radio DeeJay e mi ha trasmesso questa passione per il genere urban italiano. Ho iniziato ad ascoltare il rap in radio quando avevo circa 13 anni e ho iniziato ad appassionarmi a tutto quel filone rap della golden age della fine anni ’90.
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Quando hai pensato di volerne fare una professione? Come si è poi evoluta la tua carriera? Innanzitutto partiamo dicendo che quando io ero ragazzino le compagnie erano enormi ed è lì che, oltre ad essere nati la mia passione e il mio desiderio di volerne fare qualcosa di più di un semplice passatempo, è nato il mio nome d’arte; io mi chiamo Davide, nome che all’epoca era davvero frequente, tanto che in compagnia eravamo in diversi a chiamarci così. Per cercare di distinguerci più velocemente, il mio soprannome è nato dal mio cognome, Lamedica, e oggi è anche il mio nome d’arte, Lame. La verità è che tutti mi chiamano così, credo che in molti non sappiano neanche che io mi chiamo Davide! Ai tempi poi erano molto di moda i freestyle e io ho iniziato così, in compagnia, a muovere i primi passi in questo mondo. Mi sono reso conto da subito che mi veniva facile e naturale farlo, così ho iniziato a scrivere i miei primi testi, che inizialmente erano poche strofe o poche rime, diventando poi qualcosa di più, fino alla realizzazione del brano completo. Mi rivedo molto nel film “8 Mile” con Eminem, in cui lui scrive in metropolitana; ecco, io ero uguale: nel tragitto in metropolitana che mi portava al lavoro, ascoltavo le basi e scrivevo, scrivevo, scrivevo, dedicando davvero molto tempo ai testi.
Per quanto riguarda invece la parte musicale c’è stato qualcuno a supportarti? Inizialmente scrivevo su basi note, poi nel tempo ho conosciuto persone che si sono appassionate più ai bit e alle basi musicali. La prima persona con cui ho lavorato è stato un ragazzo italo-egiziano che diede vita alle basi ufficiali dei primi singoli su cui ho lavorato.
Secondo te cosa porta un ragazzo di quartiere ad avvicinarsi alla musica? Il desiderio di allontanarsi da altro? Sì, secondo me anche questo. A tal proposito vorrei citare una frase che ho fatto mia e che è tratta dal film “Blow” con Johnny Depp e dice: “La mia ambizione ha superato di gran lunga il mio talento”. Ad un certo punto io ho abbandonato il gruppo con cui ero in quartiere perché non mi ritrovavo molto con le tematiche che raccontavano, ma anche e soprattutto perché mi ero reso conto di volere di più. Mi piacevano i freestyle, ma io volevo fare i live, volevo che la musica diventasse il mio lavoro e su questo aspetto sono sempre stato molto determinato. Sognare è fondamentale, nella musica e nella vita. Secondo me nella musica è importante il messaggio che si esprime, e trovo bello che nelle canzoni ci siano più persone che ci si possano identificare.
Dopo i primi approcci coi freestyle in compagnia come è andata avanti poi la tua passione per la scrittura e per la musica? Diciamo che dal 2000 al 2009 ho realzzato brani non ufficiali in quartiere. C’è anche da dire che anni fa non c’erano i digital store, non c’era youtube e quindi tutti questi nostri lavori erano qualcosa che rimaneva privato e nonostante questo era anche molto più costoso fare musica rispetto ad oggi, anche perché, diversamente da adesso, la musica rap non era così in voga. I mezzi che avevamo a disposizione erano meno rispetto a quelli di cui possono disporre i ragazzi di oggi. Fare rap anni fa era una passione, perché non era un genere così di moda in Italia, anzi, era un genere malvisto dalle radio, dalle televisioni e non solo.
Poi cosa è successo? Ho iniziato a girare i vari studi della città, fino a quando ho trovato uno studio di registrazione che trattava principalmente metal: dal 2010 al 2018 ho lavorato quindi con Studio A.d.s.r. (di Carlo Meroni) con cui ho realizzato decine di singoli e registrazioni di 3 Mixtape e i 2 E.P.: Poison (Chapter 1) e Poison (Chapter 2). Dal 2018 ad oggi ho lavorato con Loft107 studio da MasterMaind grazie al quale ho dato vita a 15 singoli ufficiali per Noowa Records (Noowa è Elvis Carciu). MasterMaind è un producer platino dove nascono i nostri progetti da giugno 2018. Si occupa anche di master e mixing e ho avuto anche l’onore di lavorare nel singolo Vorrei del mio ultimo album, mio brano più ascoltato di sempre su Spotify. Da ottobre 2019 ho fondato Crunky Label, la mia etichetta indipendente, con Alessandra Zaninelli (cantante, attrice e campionessa italiana e mondiale 2018 di Pole Silk e istruttrice di Pole Dance e Silk, nonché mia compagna nella vita) e Roberto Casale Fotografo e Videomaker. Poi da gennaio 2020 ho conosciuto e collaborato con il cantante metal Giulio Belvedere, in arte BelvaSXE. Tra novembre 2019 e oggi insieme abbiamo lavorato molto, 1 mashup, 6 singoli, 1 album, 2 video ufficiali e un singolo in uscita il prossimo 13 Novembre. Non ultimo, siamo riusciti a dare vita al primo album Trapmetal italiano pronto a debuttare il prossimo 20 Novembre.
Parliamo di questo album Trapmetal. Come nasce? A gennaio di quest’anno mi ha contattato Giulio Belvedere, dicendomi di voler mettere insieme questi due generi e a giugno (non prima per via del lockdown) abbiamo iniziato a lavorare insieme ed è nato “From the sewer, from the sober”. Inizialmente avevamo studiato la situazione, rendendoci conto che a trattare questo filone in Italia non c’era nessuno. Abbiamo trovato riscontri solo in posti come Russia, Irlanda, Serbia e Colombia e abbiamo contattato queste persone, acquistando 11 produzioni all’estero; da l^ il passo successivo è stato la registrazione del primo singolo dal titolo “Parabellum”, Belva ft. Lame, che è stato il primo singolo a uscire sui digital store. BelvaSXE si è trovato molto bene da MasterMaind e insieme abbiamo creato una bella squadra. Molti hanno apprezzato il nostro lavoro, anche all’estero.
Possiamo dire che tu sei un esempio di come la passione e la tenacia alla fine facciano raggiungere alcuni obiettivi? Sì, sicuramente. Io non mi sento arrivato, ma ho raggiunto diversi obiettivi, nella musica e nella vita.
Come ti vedi tra 10 anni? Probabilmente mi vedo più produttore che rapper. Trovo che il rap sia importante, ma ultimamente mi sto spostando molto di più sull’introspezione e credo che la mia strada sia più nel mondo della produzione, facendo da supporto a qualche giovane promettente. Mi piacerebbe fare meno cose, ma puntando sempre di più sulla qualità.
Fonte foto: La La Lame press office