Nicolò Cerioni

La cultura dell’immagine… la cultura dell’apparire.  Apparire per veicolare un messaggio, apparire per comunicare un’idea e l’evolversi del costume e della società che cambia. E tutto in equilibrio.

Per Nicolò Cerioni stylist – e direttore creativo – la visione di uno stile, di un’emozione e il racconto di una forte testa pensante (come spesso è quella degli artisti), passa per questo delicato equilibrio che è fortemente lontano dal solo luccichio di un’estetica che poi però non è parallela al contenuto intellettuale di chi la comunica.

Gli artisti come “portatori” di un messaggio anche sociologico? Per lo stylist decisamente. Anche se il talento è plasmato – o meglio guidato – anche da un occhio esterno, da un tocco deciso che aiuti la celebrity a tirare fuori la sua anima… al meglio.

Ecco che il lavoro di Cerioni è proprio quello di mettere a tavolino un percorso di costruzione di immagine che non è però finzione ma esatta trasparenza della verità del reale personaggio, del suo pensiero, del suo essere così speciale.

Dai ragazzi e band Maneskin, alla virile eccentricità di Achille Lauro e Boss Doms fino all’attore Pierfrancesco Favino. Queste sono solo alcune delle celebrità che hanno affidato la loro immagine a Cerioni che invece per sé stesso, ha scelto di lasciare l’estetica solo sotto i riflettori e vivere di tranquilla riservatezza attraverso il sentiero della spiritualità in primis anche con l’insegnamento della Kabbalah percorso che lo stylist segue da tredici anni.

Che cosa le ha insegnato la Kabbalah? In maniera forse molto sintetica posso dire che la Kabbalah dà all’uomo delle spiegazioni su tutta la realtà che lo circonda. Si tratta di un percorso di studio – oltre che spirituale – che porto avanti ormai da 13 anni e che ha dato una direzione precisa, nuova – e molto chiara – alla mia vita.

Può spiegarmi meglio? Voglio dire che – grazie allo studio della Kabbalah – la mia vita è molto cambiata. Credo di essere diventato una persona migliore e in questi anni, di essere stato davvero benedetto sia nell’ambito personale ma anche in quello professionale.

Ma crede che ognuno di noi abbia un destino che è in qualche modo già prestabilito? Credo fermamente che nella vita di ognuno nulla accade per caso e ciò che amo profondamente di questo percorso spirituale, è proprio il fatto che ti insegna che tutto parte da dentro di te e ti accompagna poi nella vita di tutti i giorni ma anche che se desideri cambiare il mondo, devi prima cambiare te stesso. Io sono cresciuto – come tanti in Italia – con una formazione cattolica e devo dire che sono sempre stato affascinato dal Cattolicesimo e dalla figura di Cristo anche per quel concetto di colpa che è forse proprio l’intero dogma del Cristianesimo.

Quindi non ci sono dogmi nella Kabbalah? Ci sono più che altro delle leggi universali nel senso che si entra in un’ottica di studio più approfondita anche della Bibbia. Con questo intendo dire che se i Testi Sacri parlano in un certo modo c’è un significato più complesso dietro quelle singole parole.

Crede che il Cristianesimo non sia andato abbastanza a fondo su alcuni aspetti? No credo invece che il Cristianesimo vada a fondo… ma non vedo questo approfondimento a livello del fedele canonico che secondo me non si pone delle domande, per esempio chiedendosi come mai il Vangelo o la Bibbia o il Pentateuco sia stato scritto in quel determinato modo e perché viene utilizzata nello specifico una parola piuttosto che un’altra. L’Ebraismo in generale e la Kabbalah nello specifico invece lo fa affermando che la Scrittura Sacra della Torah è un codice. Con questo voglio dire che se cerchi di studiare perché nei tanti nomi di Dio viene utilizzato proprio quel nome, in quella frase li si decodifica un codice che potrebbe richiedere infinite ore studio. E mi creda che ci sono delle persone che si dedicano nello specifico a questa analisi dei testi Sacri.

Che rapporto ha con la preghiera uno studioso della Kabbalah? Parlando della mia vita, io per esempio, prego la mattina e la sera sul nostro testo che si chiama Zohar e il contenuto dei testi è un vero e proprio codice dove ogni parola, ogni nome ha una sua spiegazione ben chiara.

Parliamo invece di celebrities. Come si lavora con questi personaggi? E’ decisamente interessante … e devo dire che è anche una bella esperienza umana. Io considero artista ogni persona che ha sia un qualcosa di unico da raccontare ma anche quel quid che la rende speciale, diversa. Trovo che sia un artista qualunque persona che in una chiacchierata magari a due, appare normalissima ma poi una volta che sale su un palcoscenico riesce a trasformare il tutto intorno in qualcosa di magico e diventa una superstar.

Tornando un attimo a quasi un anno fa al periodo Sanremo. Come ha vissuto tutto il parla… parla…. che c’è stato su Achille Lauro e i suoi look sul palco?  Ho vissuto tutto quello si è detto – con molta tranquillità e racconto con altrettanta serenità come abbiamo lavorato con Lauro del quale assieme ad Angelo Calculli seguo la Direzione Creativa. Quando, quasi un anno fa, si è presentata la possibilità di fare Sanremo con Angelo abbiamo subito pensato di non fare il classico Festival ovvero con il solito format dove l’artista ogni sera si presenta sul palco con il look giusto, canta e se ne va. Volevamo invece fare un Sanremo di rottura che facesse passare – a chi lo guardava – dei messaggi importanti che devo dire facciamo già emergere in maniera chiara dai live di Achille Lauro in una maniera dirompente, scandalosa ma rispettosa. Abbiamo così pensato di fare questi personaggi che avete visto sul palco, David Bowie, la Marchesa Casati, il debutto con quella tutina realizzata ad hoc e così via. Ecco una volta definiti questi occupandomi io dello styling del cantante pensai che Gucci fosse adatto per un progetto di questo tipo in quanto molto vicino ai temi da noi toccati come la diversity, l’inclusione, la stravaganza e la cultura.  

Nicolò Cerioni
Nicolò Cerioni

Che cosa pensa della mascolinità tossica? Devo dire che sono estremamente felice di essere diventato uno dei più ferventi “lottatori” contro il concetto della mascolinità tossica che credo sia un problema molto sentito nel mondo ma in particolare in Italia. Spesso si pensa che qua in Italia la gente non sia pronta per un tipo di show come quello fatto da Achille Lauro a Sanremo ma non è così. La gente invece ha dimostrato che non solo è pronta ma di uno show come quello Sanremese di Lauro ne aveva bisogno e voleva parlare di quel tema. Quando sento dire che certe performance si possono fare solo negli Stati Uniti penso che tutto ciò non sia vero perché la gente invece è molto più avanti mentalmente di tutto quel sistema che quotidianamente ci propinano. 

Che cosa è per lei la virilità? Penso sia un’energia.  Io credo molto nelle energie maschili e femminili. Ci sono artisti, uomini e donne che pur vestiti rispettivamente con abiti maschili e femminili non risultano appartenenti all’ altro sesso.  Lauro per esempio vestito nei panni della Marchesa Casati non risulta femminile … rimane maschile ma decisamente punk. Penso anche a donne stupende eterosessuali che sono molto più virili dei loro compagni.

Ma uno show come quello di Lauro non è qualcosa che è stato già fatto ai suoi tempi da Renato Zero piuttosto che da Amanda Lear? Considerare lo show di Lauro come una copiatura, oggi non regge. Se analizziamo meglio la realtà ormai tutto è già stato fatto. Nelle passerelle vediamo che negli anni i trend vanno e vengono, in politica purtroppo cambiano i tempi ma rivediamo sempre le stesse dinamiche. Io penso sia estremamente importante invece lo spirito con il quale si crea e si porta avanti un progetto. Noi abbiamo sempre dichiarato di esserci ispirati ai grandi personaggi del Glam-Rock anche di quello nostrano. Per esempio, nel tour di Achille Lauro abbiamo fatto un bellissimo omaggio a Renato Zero rifacendo lo storico costume di Zero Follia, abbiamo omaggiato Bowie. C’è forse da sottolineare che a quell’epoca – quando questi personaggi apparvero sulla scena – era tutto talmente conservatore che era normale che sia emersa con questi artisti un tipo di visione e sensibilità di questo tipo. Pensi che io credo che oggi siamo ancora più bigotti rispetto all’epoca di questi artisti che ho appena citato.

Chi sono oggi gli stilisti che le piacciono? Mi piace moltissimo Alessandro Michele e trovo molto poetico il lavoro di Pierpaolo Piccioli per Valentino soprattutto per l’Alta Moda.

Trova che Piccioli faccia un’alta moda indossabile? L’Alta Moda è un sogno e non deve essere indossabile… anche se ci sono donne che la indossano.   

Lei è più un costumista, uno stylist o un direttore creativo? Rispondo dicendo che definirmi costumista non mi piace perché è un ruolo troppo nobile per me. Mi piace invece pensarmi come un creativo.

Uno stylist forse? Sono uno stylist atipico forse, preferisco essere un creativo che crea dei mondi, delle storie senza fare delle “cose” modaiole.

Da uno stylist ci sia aspetta di sapere che cosa è cheap e cosa invece è cool? Che cosa è vecchio e che cosa è invece nuovo per lei? Per me è cheap ogni forma di giudizio. Invece per quanto concerne il capire ciò che andrà… nel senso di come si evolverà quello che viene chiamato cool, trend, credo di essere particolarmente sensibile nel cogliere ciò che c’è nell’aria e – nello specifico – di essere un attento osservatore di tutto ciò che mi circonda.  

Nicolò Cerioni con il suo socio Leandro Manuel Emede
Nicolò Cerioni con il suo socio Leandro Manuel Emede

Che cosa vorrebbe adesso dal suo lavoro… come vorrebbe si evolvesse? Vorrei che si sviluppasse attraverso un percorso – che è un po’ quello fatto con Lauro – dove c’è sicuramente una parte styling ma anche una legata alla direzione creativa, creando dei bei progetti che lascino anche un segno.

Vuole orientare perciò il suo lavoro verso un percorso di messaggio anche sociologico?  Assolutamente. Tornando a Sanremo con la performance di Achille Lauro penso che tanti ragazzi si siano riconosciuti nel suo messaggio. Credo che i ragazzi di oggi, siano molto fraintesi forse ancora di più di quanto lo siamo stati noi che eravamo una generazione un po’ a cavallo. Oggi i giovani sono etichettati come superficiali quando invece in realtà non lo sono. Io penso che invece siano liberi, profondissimi ma sanno anche essere leggeri e se sapranno coniugare questi loro aspetti, saranno una generazione di grande… grandissima rottura.

Fonte foto: press office Nicolò Cerioni