La scaletta di un programma televisivo è il cuore della televisione. La sua scrittura è paragonabile a una manipolazione sapiente della materia.
Luca Parenti, autore e produttore televisivo di successo, ha scritto una guida concreta per imparare a misurarsi con quest’arte.
«Scrivere per la tv è come immaginare nuovi mondi, creando qualcosa che prima non c’era: come un mago, proprio come Merlino, la cui sagoma ho scelto di riportare sulla copertina del libro.» Parola di Luca Parenti, autore e produttore televisivo, che ha appena pubblicato un saggio intitolato Scrivere la scaletta perfetta – Come progettare e strutturare l’intrattenimento tv, edito da Dino Audino, con la prefazione di Antonella Clerici – di cui Parenti è braccio destro e autore della sua trasmissione È sempre mezzogiorno, seguitissimo cookingshow di Rai 1.
Luca lavora da anni in tv ed è autore e ideatore dei programmi più famosi e di successo degli ultimi anni – da Ballando con le stelle a Reazione a catena, da The Voice a Tale e Quale e al Festival di Sanremo e ultimo appunto È sempre mezzogiorno.
L’autore ci racconta che costruire la scaletta, accorgersi di come gira, di come porta al finale con fluidità, senza essere scontata ma anzi, in certi momenti, addirittura ci sorprenda, ci fa pensare di essere in grado di plasmare la materia, dandole una forma nuova, estetica, e di averla messa in scena sotto forma di un programma televisivo è come dare vita alla materia stessa.
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Luca cosa vuol dire scrivere per la tv, ideare e creare, anche da zero, un programma d’intrattenimento di successo come Ballando con le stelle, Reazione a catena, The Voice, Tale e Quale o È sempre mezzogiorno? Alcuni dei programmi che citi sono format internazionali, che assieme ad altri colleghi, abbiamo sviluppato per il mercato italiano. Il lavoro dell’autore si basa sul lavoro di gruppo, si nutre di stimoli e confronto e solo tutti insieme si arriva alla struttura vincente. I successi migliori sono quelli nati dalla perfetta alchimia di autori diversi, con sensibilità e caratteristiche, anche opposte, che trovano una terza via di mediazione vincente. Scrivere un programma di successo significa, saper unire le varie identità del gruppo creativo fino a generare le idee migliori, in armonia, come dei bambini che giocano a creare nuovi mondi. Scrivere per la tv è un po’ questo: immaginare nuovi mondi, creare qualcosa che prima non c’era, come un mago, proprio come Merlino, la cui sagoma ho scelto di riportare sulla copertina del libro. Questo avviene anche con lo sviluppo di un format internazionale per un nuovo mercato. Spesso è necessario studiare e modificare la struttura di un format, che ha avuto successo in un mercato estero, perché possa averlo anche da noi. Non è sempre possibile lavorare su format originali, come su quello di È sempre mezzogiorno con Antonella Clerici. Qui è stato estremamente stimolante creare dal nulla dinamiche, strutture, cast e fili di racconto per un quotidiano senza gara. Il successo che sta avendo è motivo di grande soddisfazione per tutti noi.
Molti dei programmi ideati da te in questi anni sono ancora gli show odierni più seguiti e di successo. Qual è il programma a cui sei più affezionato e perché? Affronto sempre ogni nuova produzione con l’atteggiamento di chi è ancora alle prime armi: ogni lavoro è un’occasione nuova, in fondo, è come fosse una prima volta. Il primo quotidiano, il primo quiz, il primo varietà… ogni programma è sempre una nuova avventura. Non dimenticherò mai il debutto di Ballando con le Stelle che ho firmato dalla prima edizione per alcuni anni. Come non dimenticherò le prime edizioni di Tale e Quale, di Stasera CasaMika o di The Voice. Ogni produzione nuova è sempre un’esperienza significativa e provoca ricordi emozionanti anche e soprattutto se il successo non è quello sperato. Sono quindi affezionato a tutte le trasmissioni che ho fatto ma, ovviamente, l’ultima sfida (È sempre mezzogiorno, nrd) sembra sempre la più importante!
Antonella Clerici, con cui sei legato professionalmente da molti anni, ha firmato un intervento nel tuo libro. Com’è lavorare con lei? Antonella Clerici è la compagna di lavoro perfetta. Impeccabile in onda, sempre pronta a gestire la diretta e i fuori scena, attenta nella costruzione dello show, nel gioco di squadra con gli autori, la produzione e tutti i reparti, sa sempre tenere il fuoco sul cuore del racconto televisivo. Oggi stiamo lavorando su É sempre mezzogiorno, per RaiUno. Il pubblico le dimostra quotidianamente moltissimo affetto; ogni giorno, al telefono, Antonella parla con i telespettatori come fossero amici che passano a trovarla nella sua casa nel bosco, in un’atmosfera un po’ fiabesca, con la leggerezza che la contraddistingue e tipica dello spirito di questo programma. Una leggerezza e serenità che si respira anche dietro le quinte, con l’armonia e il sorriso di tutti quelli che lavorano al programma. Con lei, tra le altre cose, ho lavorato al Festival di Sanremo 2010; è stata un’avventura indimenticabile che auguro a chiunque faccia il mestiere della tv. Antonella nel libro si domanda se esista la scaletta perfetta e ne rivela alcuni segreti. Ed io la ringrazio profondamente, sono molto orgoglioso del suo contributo.
Come nasce l’idea del suo saggio e a chi è rivolto? Marta Perrotta, che insegna “Culture e Formati della televisione e della radio” all’Università di Roma Tre, mi ha chiesto, ricorrendo alla mia esperienza, di raccontare cosa è la scaletta televisiva, per capire quali caratteristiche possa avere la migliore possibile: la scaletta perfetta. Dunque il libro è rivolto agli studenti prima di tutto, ai ragazzi che si interessano o studiano comunicazione televisiva. Poi ai curiosi perché, anche se tratta argomenti tecnici, è in fondo una lunga chiacchierata sul mestiere dell’autore e su come lo vivo io quotidianamente. Mia madre, una dolce casalinga ottantenne, completamente fuori da questo mondo, dopo aver letto il libro mi ha detto: «Luca grazie, dopo tanti anni ho finalmente capito che lavoro fai!»
Cosa c’è dietro ad un programma d’intrattenimento e quali sono gli elementi fondamentali per la costruzione della scaletta di successo? Scrivere la scaletta di un programma tv è un po’ come manipolare la materia, plasmarla con le mani sapientemente per costruire qualcosa di nuovo. La materia in natura è presente in tre stati: quello solido, quello liquido e quello gassoso.Nel mio libro spiego appunto che anche in tv esiste la scaletta solida, quella liquida e quella gassosa. La scaletta solida racchiude i concetti pratici, le esigenze di budget, la forma estetica, quella che si riferisce ai format e ai relativi contenuti. La scaletta liquida si occupa degli argomenti fluidi: la mobilità tra i punti di scaletta e dentro i blocchi di programma, i principi della costruzione del racconto, la sua fluidità, e la sua costruzione verticale e orizzontale. E infine c’è la scaletta gassosa, l’insieme di tutti quegli elementi intangibili, che non si vedono, ma che sono determinanti. Il successo di un programma dipende spesso da fattori non controllabili, come l’intuito, l’improvvisazione, il talento di alcuni autori o alcuni conduttori. Ma anche dalle tecniche di racconto, dall’immaginario e da tutto ciò che non si vede ma rende il telespettatore soddisfatto e appagato. Questo è, a mio avviso, il percorso che unisce gli elementi fondamentali della costruzione della scaletta di un programma d’intrattenimento.
Come ogni sceneggiatura che si rispetti, in tv come al cinema, pochi sono gli elementi lasciati al caso: quanta teoria e quanta tecnica si cela dietro al lavoro dell’autore televisivo? Le regole del cinema sono scritte in molti manuali, sono condivise e chiare a tutti. Eppure un film trionfa mentre un altro “floppa” inesorabilmente. In Tv ci sono molti meno manuali ma, allo stesso modo, tutti sembrano poter realizzare un programma di successo. Eppure alcuni programmi trionfano, mentre altri non lo fanno. In fondo è il bello di questa scommessa, come fosse un gioco d’azzardo, in cui pensiamo di poter realizzare il “programma perfetto”. Servono regole e serve talento, l’arte di riuscire a creare un racconto, una fiaba reale, un’emozione. L’autore deve essere un’antenna sensibile che sa riconoscere le necessità emotive del momento (talento) e sa trasformarle in una struttura narrativa, in un programma televisivo attraverso il giusto dosaggio ed equilibrio.
Quali sono i tre ingredienti fondamentali indispensabili per creare “il programma perfetto? Come dicevo qualche riga fa, ci sono elementi solidi, quelli più tecnici, elementi liquidi, quelli cha spostano all’interno della scaletta stessa, e gassosi, quelli intangibili, che non si vedono ma devono esserci. Saper dosare elementi solidi, liquidi e gassosi è il segreto. Fino a quando ti accorgi che stravolgere ciascuna di queste “regole” potrebbe portare al successo. Ed hai scoperto una regola nuova.
Il Coronavirus ha cambiato la televisione? Come sono cambiate le abitudini televisive degli italiani con la pandemia? Il Coronavirus non ha cambiato la Televisione. Ha costretto alcuni programmi a fermarsi, altri a essere rimandati, altri ancora ad andare avanti adattandosi ai contesti che mano a mano venivano a crearsi. Nel periodo della prima ondata pandemica non c’era più modo di avere ospiti o concorrenti. In alcuni casi le limitazioni impedivano addirittura ai tecnici di essere presenti in studio durante la realizzazione. Ma ogni situazione ha stimolato i reparti creativi a trovare soluzioni, ad esempio con i videocollegamenti. All’inizio tutto era più complicato perché c’era una grande incertezza su tutto. Piano piano ci si è adattati è stato possibile alla situazione, con nuovi protocolli, trovando nuovi modi di raccontare il quotidiano o intrattenere il pubblico, che ha cercato in tv una maggiore quantità di informazioni, per riuscire ad interpretare quanto stava accadendo nel mondo. La paura e l’isolamento in casa hanno spinto a cercare una maggiore serenità, meno televisione urlata e maggiore attenzione a se stessi. Ma è ancora presto però per analizzare e capire i veri cambiamenti nelle abitudini degli italiani, ed è presto per capire i cambiamenti in grado di influenzare la costruzione dei programmi tv.
Qual è il consiglio che sente di dare ai giovani che hanno voglia di intraprendere la sua carriera? Mi scrivono continuamente ragazzi che pensano di avere l’idea del secolo ma si lamentano di non essere ascoltati. Credo che senza esperienza è difficile anche riconoscere un’idea valida. Soprattutto perché la differenza sostanziale non è nell’idea ma nella sua costruzione. Bibi Ballandi – storico produttore televisivo – quando gli raccontavamo nuove idee ci rispondeva: «Si, va bene, ma “che si vede”?». Per verificare se un’idea è valida bisogna saperla “vedere” e raccontare attraverso una successione di immagini. Ma quali immagini, per quanto tempo, in che ordine? La verità è che bisogna fare una scaletta anche per raccontare un’idea. Il mestiere dell’autore non si improvvisa. Ma si può imparare con tempo, costanza e vicinanza a chi questo mestiere lo fa da anni. Il mio consiglio è quindi quello di avvicinarsi con umiltà al lavoro dell’organizzazione televisiva, partendo dal runner, facendo fotocopie, portando i caffè. Per capire come funziona ogni parte dell’ingranaggio televisivo. Per raggiungere la consapevolezza dell’insieme e capire in che modo ogni spunto diventa idea, e poi si concretizza in immagine e suono. Solo alla fine di questo percorso, e spesso neanche a quel punto, si è pronti a proporre, nel modo giusto, la propria idea.