Sbarcata l’11 febbraio su Netflix, Inventing Anna è la serie evento di cui tutti parlano.
Ultimo prodotto di Shondaland firmata da Shonda Rhimes (Grey’s Anatomy, Scandal, solo per citarne alcuni) la serie si ispira alla storia vera di Anna Sorokin alias Anna Delvey, finta ricca ereditiera tedesca che ha illuso la crème di New York nonché i giganti di Wall Street.
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Ultimamente è colato molto inchiostro riguardo alla serie che, va detto, non ha convinto tutti. Eppure in un modo o nell’altro, la storia di Anna riguarda un po’ tutti, anche da lontan(issim)o.
La domanda nasce spontanea: come può una ragazza di 25 anni introdursi con così tanta facilità nei cerchi più chiusi dell’alta società newyorchese nonché raggirare i mostri sacri di Wall Street?
Come può una ragazza di 25 anni arrivare molto vicino a farsi finanziare progetti con cifre astronomiche, armata soltanto di tanta determinazione e una collezione di occhiali Celine?
La storia di Anna Sorokin alias Anna Delvey: è una storia contemporanea all’ordine del giorno
Nel trailer, un primo indizio “Anna incarna tutto ciò che non va in America” (e non solo aggiungeremo).
Ma siamo proprio sicuri che il discorso non sia più ampio di così? Inoltre, siamo proprio sicuri di non aver avuto a che fare con qualche modello simile nella vita di tutti i giorni, nei profili che seguiamo sui social?
Siamo proprio sicuri che quel tipo di persona non sia proprio quello che invidiamo e ammiriamo ogni giorno?
Dalla messa in onda della serie, l’opinione pubblica si è divisa in due: team pro Anna e team pro Rachel (vera antagonista della finta ereditiera). Quest’ultima, Rachel DeLoache Williams scriverà anche un libro, “My Friend Anna” e collezionerà le interviste televisive e sulla stampa, oggi, denunciando duramente il modo in cui è stata narrata la storia tramite la serie tv di Netflix.
Nel corso di una sua (nuova e recente) intervista a Vanity Fair, Rachel dichiarerà “Penso che promuovere questa storia e celebrare una sociopatica, narcisista criminale sia stato un grave errore (…) Essendo stata presente in prima linea in tutta questa storia, ho potuto studiare come funziona una frode più di chiunque abbia mai potuto farlo. State lì e guardate lo spettacolo, senza prestarci poi troppa attenzione”.
Tra le varie accuse rivolte ad “Inventing Anna”, il rendere “glamour” una truffatrice seriale, e fare di Anna, una star.
In modo del tutto obiettivo, Anna è di fatti diventata sì, una star. Basta dare un occhio al suo profilo Instagram le cui views e follow sono letteralmente esplose.
Sempre in modo obiettivo, per correttezza, va sottolineato che la stessa sorte è capitata ai profili di altri protagonisti della serie, tra cui Rachel stessa, seppur con numeri più piccoli.
Sarà quindi poco etico, forse, appassionarsi alla vita di un personaggio così controverso, fino ad empatizzare con lei. Sarà forse poco etico, provare, almeno una volta nella vita anche solo un briciolo di ammirazione per una ragazza, che, seppur in modo assolutamente discutibile è riuscita a raggirare amici, conoscenti, ammaliare i più potenti per arrivare a raggiungere i propri fini.
Eppure, Anna non è in qualche modo il risultato delle derive del sogno americano, ma anche di grandi claim motivazionali secondo i quali il proprio successo dipende unicamente da forza di volontà e di quanto siamo disposti a dare? Non solo a dare, ma ad andare sempre oltre, puntare sempre più in alto?
Sarà davvero la criminale calcolatrice fredda che tutti dipingono, o semplicemente il frutto di una deriva a tratti capitalista e sempre più legata all’apparenza della nostra società?
Perché sì, l’apparenza inganna e agli occhi di molti sì, l’abito fa il monaco.
Siamo stati impressionati dai successi incredibili raggiunti da un uomo che indossava soltanto dolcevita scuri, e oggi affidiamo le nostre vite, i nostri segreti, le nostre relazioni ai prodotti creato da un ragazzo che è riuscito a dominare una parte di questo nuovo mondo presentandosi semplicemente in T-shirt e felpa col cappuccio.
Eppure, la domanda è lecita: Anna sarebbe riuscita ugualmente nel suo intento presentandosi in jeans e T-shirt?
In definitiva, glamour e intrighi a parte, valigie Louis Vuitton e pumps Valentino a parte, l’ultima creazione di Shondaland è da vedere subito. Non tanto per soddisfare il proprio spirito investigativo, quanto per riflettere sulla direzione che sta prendendo la società di oggi.
Un mondo in cui l’apparenza ha un peso enorme e fa il peso sulla psiche altrui. Un mondo in cui il potere e il successo di una persona si misurano in followers e conoscenze.
E dopo essersi scandalizzati per tutto ciò, facciamoci tutti una domanda e un esame di coscienza: non ci è mai capitato di essere accecati dai riflettori social(i) di qualcuno?
Anna Delvey, o meglio Sorokin, non ha semplicememte sfruttato le sue doti persuasive nonché la superficialità altrui?