A 40 anni da quell’urlo di gioia che tutti giuriamo di aver sentito, ci ritroviamo a tu per tu con uno dei più grandi protagonisti dell’Italia Campione del Mondo nel 1982 in Spagna, Marco Tardelli, e lo facciamo grazie a Le Coq Sportif che per celebrare questo importante anniversario ha realizzato una speciale capsule in collaborazione con gli artisti del Velasca che hanno rivisitato i capi di abbigliamento indossati dagli azzurri nel 1982 per creare una collezione elegante ed unica.
Intervista a Marco Tardelli, Campione del Mondo al Mundial del 1982
Dopo l’avventura dell’ ’82, a distanza di 40 anni siete ancora degli eroi d’Italia, ancora di più del 2006. Qual è stata la magia che dopo mezzo secolo vi rende ancora così popolari e così unici? La magia è quella che nasce dalla vittoria del mondiale. Noi siamo partiti come non vincenti e siamo tornati vincitori, di conseguenza quella è la magia. Abbiamo avuto una grande persona che ci ha guidati e che lo ha fatto molto bene; lo abbiamo seguito e lui ci ha assecondati e per questi motivi siamo riusciti in questa impresa.
Dopo 40 anni vi sentite ancora tra di voi? Siete Rimasti tutti in contatto o solo con qualcuno in particolare? Diciamo che ci sentiamo sempre, anche se magari non tutti sono in contatto con tutti. Abbiamo una chat insieme.
Cosa significava in quel periodo giocare per l’Italia e rappresentare l’Italia nel mondo? Non c’è un periodo a fare la differenza: giocare per l’Italia è sempre una cosa fantastica. La maglia italiana dovrebbe essere l’unica pelle di un calciatore italiano. Noi avevamo grande passione e voglia di vestire questa maglia.
Che alchimia c’era nello spogliatoio dell’ ’82 che è irripetibile per il calcio di oggi, il calcio moderno? Tutte le volte si dice che tutto è irripetibile quando si vince, ma la verità è che l’Italia ha vinto anche gli ultimi europei e quindi quando si fa qualcosa di positivo lo si fa perché si trova l’alchimia giusta, anche se è difficile dire quale sia questa alchimia, perché tante volte viene anche a caso.
Come giudichi il lavoro che sta facendo adesso Mancini, che sta ricostruendo la nazionale dopo la mancata qualificazione al mondiale? Mancini sta facendo un ottimo lavoro e sta cercando di trovare i giovani. Bisogna avere pazienza e speranza di trovare fuoriclasse come erano Totti, Baggio, Del Piero, ecc… perché adesso quei fuoriclasse ancora non li vedo.
In campionato il Milan ha dimostrato di investire sui giovani. Si può pensare di costruire qualcosa con questi giovani? Credo che Maldini abbia fatto un grandissimo lavoro e che questo lavoro sia da premiare, così come sono stati premiati squadra e tifosi con lo scudetto.
Non è un segreto che nell’ ’82 avevate vinto combattendo contro tutti e contro una feroce critica della stampa. Adesso, con la nazionale fuori dal mondiale per ben due volte, questa acredine e questa critica non ci sono. Cosa è cambiato? Intanto voglio dire che trovo molto giusto che non ci sia questa acredine. È cambiata la distanza fra i giornalisti e i giocatori. Una volta eravamo più vicini, ci si offendeva, si discuteva e si faceva pace. Prima il rapporto era diverso, molto più umano.
Oggi, con tutti i cambi di generazioni che ci sono stati, c’è un giocatore che per doti umane, oltre che per qualità calcistiche, ti sarebbe piaciuto avere in quel gruppo dell’ ’82? Io credo che uno di questi sia Barella, un giocatore importante che dà in campo tutto quello che ha. Ce ne sono anche altri però.
Prima hai detto che bisogna dare pazienza a Mancini. A che punto siamo adesso, dopo la partita con la Germania e quella con l’Argentina? Ci sono partite che, soprattutto a fine stagione, ci possono stare. In questa stagione i giocatori italiani hanno sofferto molto per tutta la situazione che si è creata.
Cosa è cambiato nel calcio e nei calciatori? Io sono dell’idea che chi è in campo decide le partite. Dal punto di vista manageriale è cambiato molto. È un business, cosa che prima non era, ma che comunque non è da considerare come cosa negativa.