Nel 2016 l’apparentemente immortale David Bowie, ci ha lasciati. La sua partenza terrena sembrava sia improvvisa che, in un certo senso, attesa da tempo: l’icona pop aveva finalmente tirato fuori l’ultima reinvenzione artistica, ritornando nella galassia di luci e innovazioni dalla quale era venuto.

Per rendergli onore, il regista candidato al premio Oscar Brett Morgen, autore di “Cobain: Montage of Heck”, ha realizzato “Moonage Daydream” un’esperienza cinematografica immersiva come mai prima si era vista.

Il regista di Moonage Dream

Ma prima di parlare del film, è necessario introdurre la figura del regista che lo ha realizzato.

Morgen è noto sulla scena dei documentari: ha co-diretto il libro di memorie di Robert Evans The Kid Stays in the Picture (2002) e ha vinto Emmy sia per Jane (2017),sull’antropologa Jane Goodall, che per Kurt Cobain: Montage di Heck (2015). Quest’ultimo film è stato salutato come il documentario di Cobain definitivo, e in qualche modo è andato, con i suoi intermezzi animati e filmati home-video inediti, verso il collage caleidoscopico su cui Morgen ora approda.

Moonage Dream: accesso agli archivi esclusivi di Bowie

Uno dei motivi per cui Morgen potrebbe aver scelto di non fare un ritratto biografico cronologico standard (anche se il film spiega la vita di Bowie più o meno in ordine) è l’esistenza di due ottimi documentari su Bowie realizzati nell’ultimo decennio: “David Bowie: Five Years” ( 2013), che ha coperto la sua fase cruciale di esplosione come il demone androgino camaleontico dei primi anni ’70, e “David Bowie: The Last Five Years” (2017), realizzato dopo la morte di Bowie nel 2016, che ha scrupolosamente coperto il suo ultimo periodo di relativa quiete sperimentale, il suo matrimonio con Iman e l’ossessionante creazione di “Blackstar” (l’album e la performance) quando sapeva che stava morendo di cancro.

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Il regista ha invece deciso di lavorare in piena collaborazione con la tenuta di Bowie, che gli ha dato un accesso senza precedenti ai suoi archivi: un tesoro di spettacoli inediti, oltre a dipinti rari, disegni, registrazioni, fotografie, film e diari per un totale di 5 milioni di articoli in tutto. Un database enorme, che un regista avventuroso come Morgen ha saggiamente sfruttato per raccontare la storia di Bowie in uno sfrenato stile multimediale che ben si addice alla figura del cantante.

Il viaggio di Moonage Dream

Il film consiste in un’esplorazione dell’ascesa alla fama mondiale di Bowie nei primi anni ’70, raccontata dalla prospettiva di quella stessa epoca (la sua principale influenza cinematografica sembra essere Stan Brakhage, un pioniere dell’avanguardia onirica), con un modus operandi che coinvolge impenitenti sovraccarichi di luce e suono.

Facendo una breve tappa anche negli anni ’80, ’90 e nei primi anni 2000, la maggior parte dei 130 minuti di durata di “Moonage Drezam” riguarda la nascita del personaggio di Bowie (e il personaggio di Ziggy Stardust a sua volta), da chiassose esibizioni dal vivo al interviste televisive sulla sua moda e sessualità, anche se non prima di un’esplosiva mezz’ora iniziale che ti costringe a prestare molta attenzione tra le righe – o in questo caso, tra i tagli a rotta di collo.

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Più esperienza sensoriale che semplice narrazione, il documentario di Brett Morgen parla di come farsi strada attraverso un mondo caotico e colorato. Nonostante la quasi religiosità con la quale viene inizialmente rappresentato il cantante, il film non evita affatto di dipingere la defunta icona pop come distintamente umana, sia per le sue insicurezze, sia per il modo in cui la sua prospettiva sull’amore alla fine si sarebbe evoluta.

Tuttavia, la struttura esoterica non lineare di mantiene ancora una venerazione per Bowie nonostante lo abbia avvicinato a noi, forse più vicino che mai. Bowie era uno di noi, ma era come se potesse vedere cose che noi non potevamo, che fosse il giovane, ribelle, Bowie del periodo d’oro del glam rock, che forniva a un’intera generazione uno sfogo di cui avevano disperatamente bisogno, o l’anziano Bowie di ” Blackstar,” fissando la morte a testa alta, come se stesse risolvendo l’ultimo mistero.

Moonage Dream: la colonna sonora

L’approccio cinematografico adottato da Morgen è notevolmente migliorato rispetto ai progetti precedenti, a partire dalla colonna sonora che presenta ampiamente la leggendaria discografia di David Bowie e si sovrappone perfettamente alle immagini.

Lavorando con il produttore di lunga data di Bowie Tony Visconti e il mixer del suono Paul Massey, che hanno riassemblato (e in alcuni casi remixato) molte delle tracce di Bowie dalle loro basi originali, Morgen ha alzato il suono a livelli piacevolmente sconvolgenti, il che significa che il film viene riprodotto come un concerto, il che ha senso quando ti rendi conto che il regista ha firmato un accordo multi-immagine per realizzare più film musicali per il formato IMAX (il modo migliore per vederlo, per inciso).

Moonage Dream e il personaggio di Bowie

Per coronare lo sforzo caleidoscopico, c’è un uso coerente di interviste di giornalisti e altre registrazioni di Bowie che coprono argomenti dalla sua infanzia e carriera, alle sue ansie esistenziali e alle sue riflessioni sulla vita, le relazioni e la creatività. Insieme, la composizione del film è tale da consentire al soggetto di parlare interamente per sé stesso, cosa che raramente si vede nei documentari, resa ancora più sorprendente dal suo stato postumo. Attraverso questo entrambi vediamo e sentiamo un’anima in costante evoluzione, sia esteriormente sicura ma anche isolata e internamente incerta, che con l’età si interroga sempre più sul proprio progresso artistico e sul proprio posto nel mondo.

C’è però uno svantaggio discutibile nella metodologia impiegata dal regista: questo documentario a volte può sembrare tortuoso o senza una vera e propria direzione, colpa anche dei 140 minuti di durata della pellicola che, sinceramente, risultano un filo eccessivi.

Tuttavia, se fosse stato realizzato in un qualsiasi altro modo più tradizionale, la vera magia e identità del progetto sarebbero probabilmente andate perdute. A volte viene lasciata allo spettatore un’impressione di ambivalenza o oscurità nella rappresentazione di Bowie che sono assolutamente perfette. In questo modo, privo di uno stile più sicuro, più curato e derivato, “Moonage Daydream” offre agli spettatori una visione molto più viscerale della persona che ha lasciato un segno indelebile nella storia della musica e nei milioni di fan che lo adoravano.