Il viaggio fotografico: fisico, mentale o spirituale trovano – nella visione di Enrico Costantini – una proiezione ben chiara – ma soprattutto una loro unicità di essere.
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Unicità di essere che significa una sua connessione fotografica legata ad una nicchia di professionisti della luce che scelgono di quasi mai apparire ma di essere invece molto ben presenti ad un target, più di settore perché “in primis” il pensiero e appunto il viaggio e l’immaginario mentale attraverso la macchina fotografica prevalgono su marketing e il business.
Veneziano e poco più che trentenne, Costantini oggi è uno tra i fotografi odierni che questa visione di nicchia la racconta con luci, ombre, colori e bianco e nero, con un focus sul reportage. Le sue immagini parlano. Ecco allora paesi lontani, costumi, tradizioni a volte decisamente difficili da scovare. Il motivo? La ricerca continua del fotografo di spunti che lo portino negli angoli terrestri più remoti: Africa, Yemen, Eritrea e Antartide e raramente un’attenzione verso mete più d’assalto.
Oggi il lavoro e l’occhio di Costantini è andato anche oltre. Il fotografo ha declinato il suo amore per costumi e paesaggi scoprendo di poterli cogliere anche attraverso il suo racconto fotografico di interiors.
Da qui le sue immagini agli interni di resort, boutique e hotel in giro per il mondo alcuni dei quali si affacciano propri su panorami breathtaking e con interiors che evocano tradizioni, storia, luoghi e mete differenti.
Abbiamo incontrato Enrico Costantini questa settimana per Focus On.
Che cosa significa avere una personale visione fotografica e nello specifico come l’ha sviluppata nel corso degli anni?Mi piacerebbe prima di tutto soffermarmi sul concetto di visione fotografica, fondamentale per poter rispondere a questa domanda. Quando parlo di visione per me significa mettere assieme ciò che l’“occhio” osserva con ciò che la mente interpreta. Da ciò deriva che la visione non è mai contigua/uguale alla realtà che ci circonda ma la fotografia ci aiuta a raccontarla tramite uno strumento. Con la fotografia abituiamo la mente a osservare. La visione in ogni caso è in costante mutamento e ciò che è fondamentale è far sì che emergano racconti, colori, sensazioni.
Quali sono i tratti che delineano e accomunano tutti i suoi scatti? Nel mio lavoro cerco sempre un forte utilizzo delle ombre e della luce. Inoltre sono veneziano, sono cresciuto osservando l’arte, sono innamorato di Caravaggio, amo le sue sfaccettature sull’immagine a colori … si tratta di un processo che sto piano piano esplorando anche se ho una forte interesse per il bianco e nero.
Perché la scelta del viaggio, focalizzando la sua attenzione fotografica sul lontano, sul racconto di attimi di vita di persone sconosciute con i loro costumi e quotidianità? Sono sempre stato un viaggiatore sia fisico che mentale, perché ritengo che si possa viaggiare anche con la propria mente attraverso i libri, le storie che ti vengono raccontate e le immagini. Nulla è statico e il divenire – senza stare chiusi nel proprio io – rappresenta il mio modo di vedere la vita. Ultimamente il mio viaggio – più fisico – è continuo attraverso un costante contatto con culture diverse lontane anche tra loro. Sono molto attratto dalle culture del nord Africa, Niger, Sudan, Mauritania mete ancora molto poco contaminate dalle culture occidentali. I loro costumi, i materiali delle loro costruzioni, i dettagli e gli interni delle loro abitazioni sono per me una grande ispirazione.
Nonostante lei faccia base a Venezia ha vissuto sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti dove oltre a Parigi lavorano tanti fotografi anche di moda? Pensa che questo andar via dall’Italia denoti una non atenzione alla fotografia così come accade in altri paesi? Ho un percorso personale e professionale molto lungo. Ho accarezzato la moda, amo l’arte ma sono sempre più rivolto verso un lavoro legato al design e agli interni. Mi piace fotografare gli ambienti… mi danno un’emozione incredibile ma devono avere un’anima. Devo dire che sono d’accordo sul fatto che tanti fotografi sono andati a Parigi, a New York o a Londra forse per dare al loro lavoro un tocco più internazionale… ma forse oggi anche con la comunicazione digitale qualcosa sta o è già cambiato.
Quali sono i vantaggi e gli svantaggi del digitale rispetto all’analogico? I vantaggi del digitale sono il fatto che senz’altro tutto è più veloce ed è in linea con i tempi che viviamo. La resa dell’analogico è quella che preferisco. Gli scatti sono più pensati, il processo per me è più interessante, amo il lavoro sulla foto, dettaglio per dettaglio.
Chi sono i fotografi che ammiri? Guardo con stima e grande rispetto il lavoro di Ugo Mulas, Jurgen Teller, Giorgia Fiorio, Olympia Leni, Herb Ritts.
Quali sono i suoi prossimi progetti? Sto preparando un libro che racconta i miei 10 anni con la macchina fotografica … ma per il momento non posso anticipare altro…