Cala il tasso di occupazione femminile, l’Italia è fanalino di coda in Europa per quanto riguarda la parità di genere nel mondo del lavoro: le nuove generazioni rappresentano però una chance di rilancio del sistema paese, non solo lato social-economico ma anche culturale.
Per comprendere meglio la situazione nel mondo dei liberi professionisti, Fatture in Cloud, un prodotto sviluppato da TeamSystem, ha condotto un sondaggio su un campione di lavoratori autonomi appartenenti a diversi settori.
Da questa survey emerge che la percezione di discriminazione in termini di guadagni sul lavoro è ben differente tra uomini e donne. A riprova di ciò, se nei lavoratori è il 36,7% a percepire queste disparità, la percentuale sale al 47,8% tra le lavoratrici.
Il problema della discriminazione salariale è evidente soprattutto a parità di mansione, anche se diversamente percepito: il 50% delle donne, infatti, dichiara di notare maggiormente le differenze retributive, a differenza del 39,1% degli uomini. Anche una suddivisione ulteriore dei dati in base ai settori di attività conferma questa notevole differenza di percezione.
Vi è però un leggero miglioramento tra le intervistate appartenenti alla Generazione Z, ovvero di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Infatti, in questa fascia d’età è il 42,9% delle lavoratrici ad avvertire tali disparità, mentre scende al 20% negli uomini. Tuttavia, è importante sottolineare che spesso le donne più giovani non hanno ancora avuto figli, un fattore rilevante nell’aumento del divario retributivo. 1 donna su 5, difatti, in Italia lascia il lavoro dopo il primo figlio.
Nella maggior parte dei casi, infatti, la disparità salariale è dovuta alla scelta delle donne di rinunciare alle ore lavorative per la cura della famiglia che, come sottolinea l’Istituto europeo per la gender equality, ricade ancora sul 71% delle donne in Italia. Ciò si traduce in guadagni meno importanti: a dimostrazione di ciò, secondo uno studio dell’Osservatorio “Mamme che lavorano”, il 34,8% delle donne in partita IVA guadagna meno di 10mila euro, a fronte del 15,6% degli uomini.
Affinché l’Italia possa fare progressi, quindi, sono ancora necessari diversi sforzi da parte delle istituzioni e delle aziende, sia per garantire la partecipazione e l’accesso delle donne al mercato del lavoro, che per migliorare le condizioni lavorative stesse: in questo modo si potranno ulteriormente supportare anche le generazioni più giovani, che già avvertono meno le discriminazioni retributive.