Nel settore della moda, la reputazione di un brand è un tessuto invisibile, delicato e prezioso. È ciò che i consumatori percepiscono e scelgono di acquistare, al di là del prodotto in sé. Quando viene messa in discussione, le Public Relations diventano il filo con cui rammendare l’identità e trasformare una crisi in un’opportunità. Eppure, non tutte le aziende riescono a gestire questi momenti con la giusta sensibilità e strategia.

Uno dei primi esempi storici di crisi comunicativa nella moda che ha segnato l’immaginario collettivo è la campagna pubblicitaria di Benetton del 1991. Diretta da Oliviero Toscani, utilizzava immagini shock per affrontare temi sociali universali, come l’AIDS, la guerra e il razzismo. Una delle fotografie più controverse mostrava un uomo malato di AIDS in punto di morte, circondato dai familiari. Questo scatto potente, che rompeva ogni tabù, generò un acceso dibattito globale. Se da un lato fu criticato per l’uso del dolore umano come strumento di marketing, dall’altro consolidò il posizionamento di Benetton come un brand capace di parlare di temi rilevanti con coraggio e autenticità. La scelta di sostenere la campagna senza arretrare fu cruciale per rafforzare la sua identità come promotore di valori universali.

Nel 2014, Moncler si trovò invece a dover rispondere alle accuse di maltrattamento animale sollevate dal programma Report, che mostrò immagini legate alla filiera di produzione del marchio. La strategia di Moncler si rivelò efficace proprio perché trasparente: il brand si assunse la responsabilità di migliorare i controlli e introdurre standard etici più rigidi, trasformando una crisi reputazionale in un’occasione per dimostrare il proprio impegno verso pratiche più sostenibili.

Più recente è il caso di Balenciaga nel 2022, un episodio che ha messo in discussione i confini tra provocazione creativa e responsabilità sociale. Una campagna pubblicitaria che coinvolgeva bambini e oggetti con riferimenti BDSM scatenò un’ondata di critiche. Solo quando Balenciaga decise di assumersi la responsabilità, ritirando la campagna e avviando una revisione interna dei propri processi, riuscì a limitare i danni.

Questi esempi dimostrano come, nella moda, una crisi non sia mai solo comunicativa, ma tocchi valori profondi, coerenza e capacità di ascoltare i cambiamenti culturali. Le PR, in questo contesto, non sono un semplice megafono, ma uno strumento strategico per anticipare, costruire e, se necessario, ricostruire.

Perché chi compra un prodotto di moda non acquista solo un abito o un accessorio, ma un’identità, una storia e un valore. E quando questi vengono messi in discussione, solo una gestione attenta della crisi può garantire che il filo della reputazione resti intatto, pronto a tessere nuove narrazioni.

Articolo di Francesca Caon, titolare di CAON Public Relations, agenzia di comunicazione e pubbliche relazioni a Milano