Paola Minaccioni è un’artista poliedrica che ha saputo conquistare il pubblico grazie alla sua versatilità tra cinema, teatro e televisione.
In questa intervista esclusiva per Fashion Times, ci racconta il suo ultimo ruolo nel film Diamanti di Ferzan Ozpetek, la profonda connessione con il teatro e l’emozione di portare in scena Elena la matta.
Un viaggio tra resilienza, passione e consapevolezza, alla scoperta di un’artista che fa dell’intensità emotiva il suo punto di forza.
Nel film “Diamanti” di F. Ozpetek interpreti Nina, la caposarta. Come ti sei preparata per questo ruolo? Quali sfide hai incontrato nel dare vita a questo personaggio? Per la prima volta nella mia carriera, ho scelto di prepararmi con il supporto di un coach, Aurin Proietti. In quel periodo ero impegnata al Teatro Greco di Siracusa con Miles Gloriosus di Plauto, uno spettacolo complesso e molto impegnativo. Sapendo di avere poco tempo a disposizione per preparare il ruolo, ho deciso di affidarmi a una guida esterna. Ferzan Ozpetek mi ha suggerito di ispirarmi a due figure iconiche del cinema italiano: Franca Valeri e Anna Magnani. Ho strutturato la mia interpretazione basandomi su questi riferimenti: nelle scene lavorative, Nina incarna l’eleganza e l’arguzia di Franca Valeri, mentre nella dimensione familiare ho attinto all’intensità emotiva di Anna Magnani. Come sempre, ho svolto un approfondito lavoro di analisi del testo e costruzione della backstory del personaggio, per conferirgli maggiore autenticità e spessore.
Hai lavorato più volte con Ozpetek. Come definiresti la vostra collaborazione? Come si è evoluta nel corso degli anni? La collaborazione con Ferzan Ozpetek è stata, sin dal principio, un incontro artistico straordinario. Ci siamo conosciuti a teatro, in un periodo in cui ero ancora intimorita dal cinema d’autore. Fin da subito, però, ho percepito una forte sintonia, poiché condividiamo lo stesso interesse per la dimensione umana, per le fragilità e la profondità dei personaggi. Nel tempo, il nostro rapporto si è consolidato, arricchendosi di nuove esperienze e sfumature. Ad esempio, in Mine Vaganti, una delle battute più celebri del mio personaggio è nata da una mia proposta spontanea. Ogni volta che lavoriamo insieme, riscopriamo il piacere della collaborazione, con una maturità professionale sempre crescente.
Ritorniamo al film “Diamanti”. Per quanto riguarda il tema della resilienza femminile, come è presente questo aspetto? Cosa speri che il pubblico tragga da questa rappresentazione? Mi auguro che il pubblico colga lo stesso sentimento che ho provato io nel vedere il film: un’intensa ondata di emozione e tenerezza. Il successo che il film sta riscuotendo conferma che questo messaggio è arrivato. Il tema della resilienza femminile è trattato in modo sottile ma estremamente efficace: le protagoniste non lottano con aggressività, ma con passione e solidarietà. Nella narrativa contemporanea, le figure femminili di successo sono spesso associate a una determinazione che richiama tratti tipicamente maschili. In Diamanti, invece, la forza delle protagoniste si manifesta attraverso l’amore per il proprio lavoro e il sostegno reciproco. Il film trasmette un messaggio di speranza e delicatezza, lasciando nello spettatore una sensazione di calore e positività.
Come riesci ad approcciarti alle interpretazioni sia comiche sia drammatiche? Che differenze ci sono tra la costruzione di un personaggio comico e la costruzione di un personaggio drammatico? Non faccio alcuna distinzione tra ruoli comici e drammatici nel mio approccio attoriale. La mia preparazione si basa sempre su uno studio approfondito del testo, dell’evoluzione psicologica del personaggio e della sua backstory. Ogni personaggio richiede un’analisi dettagliata, che consente di sviluppare un punto di vista autentico e coerente. La differenza tra comicità e dramma non risiede nella preparazione, ma nella prospettiva con cui il personaggio vive le sue esperienze. La comicità nasce da una visione del mondo specifica, non da una costruzione superficiale.
Parliamo di un altro personaggio, Elena: “Elena la matta” è uno spettacolo teatrale che stai portando in tour. Cosa ti ha attratto di più di questa storia e come hai approcciato a questo ruolo? Questa storia mi ha trovata prima ancora che io trovassi lei. Elisabetta Fiorito mi ha coinvolta in una lettura per una rassegna ebraica, e da quel momento il personaggio di Elena è diventato parte di me. Durante la mia prima lettura al ghetto ebraico di Roma, l’emozione è stata fortissima, anche perché tra il pubblico erano presenti i suoi nipoti. Scoprire la vera storia di Elena è stato rivelatore: inizialmente pensavo fosse solo una premonitrice degli eventi tragici del rastrellamento, ma in realtà era una donna fuori dagli schemi, giudicata ingiustamente per il suo carattere forte e impulsivo. La sua vita è stata segnata dall’incomprensione e dalla solitudine, e portare la sua storia sul palcoscenico è per me un atto di riscatto e di memoria. È un personaggio potente e commovente, e attraverso lo spettacolo spero di restituire a Elena la dignità che merita.
La tua carriera spazia tra cinema, teatro e televisione. Come riesci a bilanciare questi diversi mezzi espressivi e quale di questi ti offre la maggiore soddisfazione artistica? Attualmente mi riconosco meno nel varietà televisivo, poiché non ho ancora trovato un progetto che mi rappresenti pienamente. Per quanto riguarda la fiction, seleziono con attenzione le proposte che possano integrarsi con il mio percorso artistico. Il cinema è una mia grande passione, ma è il teatro a darmi il massimo senso di libertà. Sul palcoscenico ho la possibilità di esprimermi senza vincoli, di scegliere i progetti che mi rispecchiano e di avere un rapporto diretto con il pubblico. Per questo motivo, il teatro rimane la mia casa artistica.
Quando hai iniziato, avresti mai immaginato di raggiungere questo livello nella tua carriera? Cosa ti immaginavi quando hai iniziato? Quando ho iniziato, desideravo semplicemente essere vista e riconosciuta. Ero timida e mi sentivo spesso fuori posto. Mi era stato suggerito di dedicarmi alla comicità, e inizialmente credevo che la mia carriera sarebbe stata prevalentemente televisiva. Con il tempo, però, ho compreso che la mia vocazione era quella di interpretare personaggi, di dare loro vita e sfumature. Se oggi guardo al mio percorso, sono profondamente grata di aver potuto seguire la mia vera natura attoriale.
Prima parlavi del rapporto con il pubblico. Che rapporto hai con il pubblico al di fuori del palco? Sui social network, per esempio? Mi impegno a interagire con il pubblico anche attraverso i social network, rispondendo quando possibile. Tuttavia, conciliare la vita reale con la presenza digitale non è sempre semplice. Sono, però, profondamente grata a chi apprezza il mio lavoro e lo dimostra con affetto e attenzione.
So che tieni moltissimo al monologo “Dal vivo sono molto meglio”, che non è solo un monologo, ma vuole esprimere qualcosa di più importante. Vuoi parlarcene? Dal vivo sono molto meglio è per me come accogliere degli amici a casa, offrendo loro il meglio di ciò che posso dare. È uno spettacolo che mi riempie di gioia e che, al tempo stesso, mi permette di contribuire a una causa importante. Grazie a questo monologo, ho avuto l’opportunità di sostenere l’Associazione Amici per il Centrafrica, raccogliendo fondi per progetti di solidarietà. È un’iniziativa che mi sta molto a cuore, e non vedo l’ora di visitare di persona le loro strutture, le scuole, il centro sanitario Mama Carla, il centro ottico Anna, un centro odontoiatrico, il primo centro socio pedagogico presente in Repubblica Centrafricana e tutto ciò che hanno realizzato per dare un supporto concreto alla popolazione centrafricana
Guardando al futuro, ci sono nuovi progetti o ruoli che stai preparando o che sogni di interpretare? Attualmente sono coinvolta in diversi progetti teatrali e cinematografici. A marzo uscirà il film E poi si vede, una commedia scritta da due talentuosi comici siciliani. A breve inizierò le riprese della serie Una finestra sul lago, diretta da Marco Pontecorvo e tratta da un romanzo. Inoltre, sto lavorando a progetti personali che, per ora, preferisco mantenere riservati.