Nato quasi per reazione a un momento personale complesso, Festa Foresta è oggi un brand di costumi da bagno che sfida gli stereotipi estetici e produttivi, celebrando corpi reali e artigianalità consapevole.
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In questa intervista, la fondatrice Laura Zura-Puntaroni racconta la genesi intima del progetto, l’approccio spontaneo alla moda e alla comunicazione, e una visione del business che mette al centro il valore del tempo, della relazione e dell’identità.

Dai primi ordini gestiti in casa con sua madre fino all’apertura di uno spazio fisico a Milano, Festa Foresta cresce come un progetto libero, umano, e profondamente coerente.
Com’è nato il progetto Festa Foresta? Questa è una domanda difficile! Potrei darti due risposte: una più “da comunicato stampa” e una reale. Quella ufficiale è che tutto nasce dal mio amore per il mare. Quella vera è un po’ più complessa: nell’inverno del 2019 ho avuto una recidiva di un tumore, ed è stato un momento in cui tutta la mia vita si è fermata. Proprio durante la mia operazione, anche mia madre ha ricevuto una diagnosi oncologica. Eravamo due su quattro in famiglia ad affrontare tutto questo. Lavoravo in uno studio di architettura, con ritmi folli, e ho iniziato a chiedermi se fosse il caso di dedicarmi a qualcosa che mi facesse davvero stare bene. Qualcuno direbbe: “Perché non ti sei messa sul divano a guardare Netflix?”. Io invece ho deciso di buttarmi in un progetto che avevo in testa da tempo.
Sono cresciuta in mezzo ai costumi da bagno: mio padre ha lavorato in questo settore per molti anni, e ho ricordi vivissimi dei campionari pieni di colori, tessuti e forme. Però c’era anche un immaginario molto preciso: quello della donna anni ’90, della supermodella irraggiungibile. Io, ex bambina paffutella, mi sentivo lontana anni luce da tutto questo. E forse proprio per questo ho sentito il bisogno di ribaltare quella narrazione.
Quindi l’idea del brand è nata da un’esperienza personale e da un’esigenza estetica e culturale? Esattamente. Conoscevo il prodotto, sapevo come si costruisce un costume, ma volevo creare qualcosa che fosse davvero mio. E sono stata anche fortunata: ho trovato subito un laboratorio che ha creduto in me. La prima estate è stata una sorta di esperimento, proprio nell’anno in cui non si poteva nemmeno andare al mare. Ma la risposta è stata forte, e da lì ho capito che aveva senso continuare. Per due anni ho portato avanti sia l’architettura che il brand. Mi piaceva troppo l’idea di non dover rinunciare a nessuna delle due.
C’è un aneddoto molto divertente sulla prima volta che avete ricevuto tanti ordini. Ce lo puoi raccontare? Sì, è stato uno di quei momenti in cui ti dici: “Ok, è tutto vero ma anche un disastro!”. La prima volta che abbiamo ricevuto 100 ordini in un giorno ero totalmente sopraffatta. Mi aiutava mia mamma con le spedizioni e tutto era ancora molto “casalingo”. I costumi erano quasi sold out, i clienti scrivevano perché non trovavano taglie, sbagliavamo gli ordini… era il caos totale. Ricordo un episodio in particolare: avevamo quattro tonalità diverse di blu. Mia madre ha confuso i colori e spedito 60 costumi sbagliati. Quando ce ne siamo accorte, ho scritto 60 mail chiedendo scusa, e la cosa più assurda è che alcune persone volevano comunque tenere quello ricevuto per errore. Ora ci rido sopra, ma in quel momento ero in lacrime, davvero. Non era che non fossi capace, semplicemente non potevo fare tutto da sola.
Un salto improvviso che ti ha costretta a riorganizzare tutto. Sì, ho dovuto trovare una logistica nel giro di pochissimi giorni. Non ho fatto confronti, non ho chiesto preventivi. Ho solo detto: “Vi prego, prendetemi”. È stato tutto molto istintivo, ma necessario.
Oggi hai anche uno spazio fisico. Da quanto tempo è operativo? Lo inauguriamo proprio oggi! Ci siamo trasferite qui da Natale e ho iniziato i lavori a luglio. È uno spazio che era in disuso da anni, quindi abbiamo rifatto tutto. Ho voluto seguire ogni fase personalmente, perché ci tengo molto.
Sarà anche aperto al pubblico? Sì, saremo aperte fino al 17 aprile, poi riapriremo da maggio. L’idea è quella di introdurre un format di shopping serale, fino alle dieci o dieci e mezza. Nel mio ufficio precedente, che era praticamente uno scantinato, funzionava benissimo: le persone venivano con calma dopo il lavoro, si rilassavano, provavano i costumi in tranquillità. Alcune clienti mi chiedono addirittura di prenotare una sera tutta per loro, per venire con un gruppo di amiche. È un’esperienza più intima e coccolata, che rispecchia il tono del brand.
A chi è rivolto il prodotto Festa Foresta? Hai un target definito? Il pubblico è molto vario, ma direi che si concentra tra i 25 e i 40 anni. Non attraggo le giovanissime, perché il mio è un prodotto consapevole, che va contro il fast fashion. Chi compra da me lo fa con intenzione, conosce il valore della sostenibilità e capisce il prezzo. È raro che qualcuno arrivi e si sorprenda del costo: anzi, spesso mi dicono che è più che giusto. Gestiamo tutto internamente, proprio per mantenere i prezzi accessibili. Al momento non abbiamo rivenditori, ma in futuro potrei valutare qualche collaborazione molto selezionata.
Nelle campagne mostri donne reali. Cosa significa per te rappresentare la “normalità”? Il termine “normale” è sempre complicato da usare, ma per me si tratta semplicemente di raccontare quello che si vede al mare. All’inizio chiedevo alle mie amiche di posare per me, oggi le modelle sono diventate oltre 150, e vorrei organizzare un evento dedicato a loro. Non faccio casting veri e propri: di solito le ragazze mi mandano una foto, giusto per sapere che taglia portare. Il giorno dello shooting è sempre una sorpresa, ogni corpo è diverso, ogni esperienza è unica. Quest’anno abbiamo scattato con 16 ragazze, due erano incinte e non lo sapevo nemmeno! È questo il bello del mio lavoro.
Come ti immagini tra cinque anni? Hai un obiettivo preciso? A dire il vero, no. E so che può sembrare poco imprenditoriale, ma non ho una visione precisa a lungo termine. Questo progetto è nato con diecimila euro e tanta voglia di fare. Nessun investitore, nessun fondo familiare. Solo un’idea e il desiderio di provarci. Spero di avere un team più grande, perché l’ultimo anno è stato tosto. E spero di poter lavorare un po’ più vicina al mare.
Hai un modello di costume a cui sei particolarmente affezionata? Il più venduto è il Nil, semplice ma complesso da realizzare. È stato uno dei più difficili da progettare, quindi ci sono molto affezionata. Ma il mio preferito, forse, è il Delta: lo porto avanti dal primo giorno e piace a un pubblico trasversale, dalle ragazze giovani alle signore. È il modello che, secondo me, rappresenta meglio lo spirito di Festa Foresta.