Tutti parlano di questo film, uscito al cinema il 4 settembre scorso, e la motivazione è semplice: “Martin Eden” rapisce, conquista, commuove e insegna, tra istantanee documentaristiche della Napoli del Novecento e un Luca Marinelli magistrale nella sua interpretazione del proletario protagonista.
La trama si incentra su Martin Eden, un giovane marinaio napoletano, un individualista in termini di orientamento politico, un uomo con la quinta elementare che incontra la studentessa universitaria Elena Orsini (Jessica Cressy), appartenente ad una prestigiosa famiglia dell’alta borghesia napoletana.
Questo è l’incontro che gli cambierà radicalmente la vita, che lo convincerà a mettercela tutta per completare la sua istruzione e imparare ad essere uno di loro, uno delle classi alte, e che gli farà capire di non voler e poter essere nessun altro nella vita se non uno scrittore; finirà per conoscere e confrontarsi con il socialista Ruth Brissenden, il miglior mentore a cui avrebbe mai potuto aspirare.
Si tratta del secondo lungometraggio dal regista italiano Pietro Marcello, conosciuto in particolare per i suoi documentari acclamati e premiati, mentre davanti alla cinepresa spicca Luca Marinelli, con il suo accento e dialetto napoletano spaventosamente credibili: l’attore romano parla con gli occhi, con l’andatura e con i silenzi, creando un altissimo livello di empatia con gli spettatori.
Al suo fianco, l’attore di teatro Carlo Cecchi, che interpreta il vecchio scrittore socialista Russ Brissenden e, per la prima volta sullo schermo, Jessica Cressy e Denise Sardisco, nel ruolo, rispettivamente, dell’innamorata e della moglie di Martin.
La sceneggiatura del film, liberamente tratta dal romanzo omonimo del 1909 di Jack London, nasce dal lavoro a quattro mani di Pietro Marcello e di Maurizio Braucci, co-autore di “Gomorra” e del più recente “La paranza dei bambini”. Lui e il regista hanno ri-plasmato l’ambientazione e l’atmosfera americana del romanzo di London rendendola propria, e ricostruendo il primo Novecento italiano con focus sulla storia di Napoli. Pietro Marcello ha affermato: “Ci siamo divertiti molto sul set a riscrivere il copione mille volte; in più, l’adattamento del romanzo alla storia e all’ambientazione napoletana ha fatto sì che cambiassimo un po’ anche i dialoghi originali; abbiamo lavorato sulla sceneggiatura tutti insieme e senza seguire regole specifiche, perché la scrittura cinematografica non è una scienza esatta: il cinema è la trasposizione della scrittura, quindi si lavora sull’imprevisto e sull’imprevedibile”.