Da sempre un grande tuttofare, il trentenne Xavier Dolan dirige, scrive, produce, e si occupa dei costumi anche in questo suo settimo lungometraggio, come ha fatto in tutti i suoi film precedenti.

La storia ha inizio nel 2016, quando il ventunenne Rupert Turner (Ben Schnetzer) concede un’intervista a Audrey (Thandie Newton), una scettica giornalista incaricata di scrivere un articolo sulla nuova pubblicazione di Turner, una raccolta di lettere per e di John F. Donovan, superstar di Hollywood morta di overdose dieci anni prima.

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Tra aneddoti vari, viaggiamo con il ragazzo a ritroso nel tempo di dieci anni: torniamo dunque nel 2006, quando Rupert (Jacob Tremblay), un piccolo attore di 9 anni, sogna di incontrare e recitare in un film con il suo idolo John F. Donovan (Kit Harington), una celebrità del cinema famosa in tutto il mondo, ricco e con una moglie bellissima.

Un uomo felice, o così sembrerebbe: ma come sarebbe andata se John non avesse mai risposto alla lettera di Rupert e sua madre (Natalie Portman)? Si sarebbe mai confrontato e confidato con sé stesso riguardo i suoi problemi familiari e la sua identità sessuale? La brillante pellicola, dopo una lunga e travagliata postproduzione, si segnala per l’originalità delle storia e per il cast stellare che, oltre ai nomi già citati, comprende anche Susan Sarandon (Grace Donovan), Kathy Bates (manager Barbara Haggermaker) e Michael Gambon (uomo nel ristorante).

La sceneggiatura invece è il risultato di cinque anni di collaborazione tra Dolan e un suo caro amico regista, attore e sceneggiatore, Jacob Tierney: i due hanno cominciato a incontrarsi a casa di Xavier nel 2013 e quest’ultimo si è ispirato per la trama al libro “Lettere a un giovane poeta” di Rainer Maria Rilke, arricchendolo con ricordi ed esperienze personali (come la lettera che scrisse all’età di 8 anni al suo idolo Leonardo DiCaprio).

Tierney gli ha dato una mano con l’inglese e ha contribuito lui stesso alla stesura della scenografia. Xavier ha dichiarato riguardo il film: “Spero che emozioni gli spettatori, non voglio dire che sia il mio unico desiderio, aspiro a molto di più per il pubblico. Spero che la gente si diverta vedendolo, ma spero anche che capisca il suo messaggio e che ci rifletta su quando torna a casa”.

Un ritorno in grande stile dunque per il regista canadese, che porta sul grande schermo un inedito mix di tutte le tematiche che lo hanno reso famoso, come il rapporto madre-figlio, l’omosessualità e l’infanzia, ma amalgamati in una cornice nuova e accattivante.