di Erica Maglio

Non è quello che vidi che mi fermò

è quel che non vidi…

(Alessandro Baricco dal libro “Novecento. Un monologo“)

 

 

Data un’architettura d’impronta fascista – Palazzo dell’Arengario-, un luogo gremito di gente e di curiosi – Piazza Duomo- una gelida mattina di gennaio tra guglie e piccioni, palazzi e salotti della Milano che palpita, che scalpita e che è stata teatro dei più importanti movimenti artistici del novecento, et voilà ecco a voi il tanto atteso “Museo del Novecento“.

Una spirale architettonica conduce indietro nel tempo, ripercorrendo attraverso le più grandi opere d’arte il secolo scorso, il “nostro” secolo. A dare il benvenuto ai visitatori, il celebre quadro di Pellizza Da Volpedo, il “Quarto Stato” del 1901, opera-manifesto che documenta la marcia dei lavoratori di fine Ottocento e segna una frattura più che una continuità tra i due

 

 

secoli… si prosegue con Piet Mondrian, Kandinskij, Modigliani, Picasso e Braque per poi confluire nella sala dedicata a loro, agli artisti di Milano, i Futuristi. E’ la sala delle Colonne, con pareti rivestite di tessuto dove lo “Zang Tumb Tumb” marinettiano riecheggia ovunque… celebri ed emozionanti le edizioni futuriste di “Poesie” dello stesso Marinetti, che riportano ancora la data, l’indirizzo e il numero civico della pubblicazione, il libro “La conquista delle stelle“, i manifesti e la scultura più famosa di Boccioni “Forme uniche nella continuità dello spazio“, del valore di 20 centesimi. Il cammino prosegue con l’arte anni Venti e Trenta di artisti italiani come Carlo Carrà, Virgilio Guidi, Mario Sironi, Martini e Melotti, Campigli, Casorati, Morandi e De Chirico, fino ad arrivare all’ultimo piano, la torre del Museo, interamente dedicato ai lavori di Fontana. Segue una sezione dedicata all’arte Cinetica e Programmata con opere di Bruno Munari, Enzo Mari, Getulio Alviani e Dadamaino nelle quali lo spettatore interagisce e partecipa attivamente non solo con gli occhi, ma anche con il corpo.