Recensione quarta stagione de “La Casa di Carta”
Da questa introduzione si è già un po’ capito dove andrò a parare; fan della Banda, abbandonate pure la nave, senza rancore. Per coloro che invece non avessero ancora visto la quarta stagione: FUGGITE, SCIOCCHI! (cit); sarà pieno di spoiler.
Inizio dicendo che non serve una laurea per capire la logica che ha spinto Netflix a rinnovare la serie, uscita ormai quasi tre anni fa, che face un successo planetario, diventando la serie non in lingua inglese più seguita. Un primato invidiabile che sarà sicuramente difficile da battere. Ma non sarebbe stato meglio fermarsi? Dal punto di vista dei margini di profitto la risposta sarà no, ma per me è assolutamente sì.
Il vastissimo panorama delle serie tv è già strapieno di esempi che non hanno saputo cogliere il momento giusto per fermarsi e alcune ancora si trascinano, rifiutandosi di capire che il loro tempo è giunto. Capostipite di questo nutrito gruppo è Grey’s Anatomy, serie che ha fatto la storia, ma che ha smesso di essere guardabile dopo l’ottava stagione (per la cronaca siamo arrivati alla sedicesima!)
Entriamo nel vivo: cosa abbiamo visto di nuovo in questa stagione? Niente, secondo me.
Ritroviamo i personaggi dove li avevamo lasciati, Banca di Spagna o Zecca di Stato, poco importa; sono chiusi dentro, con gli ostaggi e accerchiati dalla Polizia. C’è persino quell’ameba di Arturito che speravo avesse un ruolo marginale, invece è riuscito a far ulteriori danni, ma che senso ha avuto il suo comportamento? Che senso ha avuto che facesse parte di questa stagione? (E della precedente, se proprio vogliamo dirla tutta).
Proseguiamo con la serie delle cose già viste. Il colpo di stato, la banda che si sfascia e si minaccia a vicenda, Nairobi – Berlino o Tokyo – Palermo, c’è davvero una differenza? Un membro della banda che viene catturato, interrogato e poi con un super piano perfetto, ributtato dentro insieme agli altri? Il Professore braccato che in un modo o nell’altro riesce a cavarsela? Un capo della Polizia in giacca e cravatta che urla e dà ordini alla negoziatrice? Il piano super perfetto che per un motivo o per un altro va a rotoli dopo dieci minuti? La Polizia che casca sempre nei trabocchetti del Professore?
Per quanto mi riguarda tutto ha un limite.
Meglio stendere un velo pietoso sull’involuzione generale di tutti i personaggi. L’unica che cerca di rimanere se stessa è Alicia Sierra che ci regala l’unico momento toccante di tutta la stagione e si rifiuta di farsi fregare dal sistema. Mi preme spendere due parole sul massacro di Nairobi. È stato il mio personaggio preferito ma sarebbe stato tanto (ma taaaanto) meglio se fosse morta nella terza stagione o comunque a seguito dell’intervento chirurgico (che non commento). Sono riusciti a salvarla, si riprende con una velocità sorprendente, si innamora magicamente di Bogotà (ma perché?) per poi venir massacrata e infine uccisa da quello psicopatico di Gandìa. (Vabbè).
Il finale, che non è un vero finale, è anche abbastanza terribile, c’è qualcuno che non aveva capito dove stesse andando Alicia?
Mi sembrano doverosi i complimenti per una cosa però: la data di uscita. Il premio “sculata” dell’anno (si fa per ridere, intendiamoci) se lo giocano con Disney per il lancio di Disney +, non avrebbero potuto scegliere periodo più proficuo.
Ringrazio comunque Netflix e La casa di carta per avermi regalato (che non è manco vero, pago l’abbonamento) 8 ore di ripasso di spagnolo. Non so quando mai espressioni come follar, pegar un tiro, rehenes, estas jodido, amo al plan e via dicendo mi possano servire, forse se dovessi decidere di unirmi alla banda; Milano è già stato usato? Non ricordo più.
Fonte foto: press office Versace – MILAN, ITALY – JULY 17: Actress Ursula Corbero attends the photocall of the Netflix tv show “La Casa di Carta” (Money Heist) at Cinema Anteo on July 17, 2019 in Milan, Italy. (Photo by Stefania D’Alessandro/WireImage)