Una prima volta in tutti i sensi. Prima volta con sconfinamento nelle terre basse dell’Oltrepò Pavese, prima volta in un gruppo totalmente femminile e prima volta a cercare di stare a ruota di quelle due indiavolate campionesse che ben conosco, ma più attraverso lo sguardo virtuale di Strava che dalla prospettiva reale del pedale.
Sì, Iryna Bukhanska e Sarah Cinquini, rigorosamente in ordine alfabetico, erano con noi. E per “noi” intendo il bel gruppo “No Gods No Masters” ovvero un esperimento, anche qui, in tutti i sensi. NGNM è infatti “prodotto”, ovvero un brand di abbigliamento tecnico-ciclistico esclusivamente riservato alle donne; è “stile” ben preciso, cioè qui non abbiamo quei fucsia che ci fanno tanto omologate e sciocche; e infine è “filosofia”, perché gli dei e i masters negati chissà chi saranno? Io un’idea ce l’avrei… anche se qualcuno, devo dire, mi piace tenermelo stretto nella consapevolezza che si deve pur imparare e se non ascoltavo né gli uni né gli altri a quest’ora probabilmente ero ancora sulla Graziella con le rotelline.
Ma tant’è, oggi il programma consiste nel farcela da sole, puntando sull’esperimento di uscita “al femminile” che senz’altro deve connotarsi con un tocco femminista. Moderato però. Del resto la scelta della “piazza” in cui esercitarsi si è rivelata perfetta. Non il testosteronico paesaggio brianzolo, dove il nostro gruppetto di 6 fanciulle forse avrebbe creato scompiglio e scalpore, ma le dolci colline dell’Oltrepò Pavese che per conformazione geologica sono molto materne e accoglienti. Così anche i ciclisti – maschi – incrociati nel nostro tranquillo percorso di 80 km, sembravano appartenere ad una dimensione femminile. Tanti sorrisi e nessuna sfida ingaggiata.
Ma torniamo sul termine “tranquillo”, usato forse impropriamente qualche riga sopra. Sì perché io mi conosco. E non sono certo persona poco competitiva. Lo sono con tutti, maschi e femmine, indiscriminatamente. Lo sono a mio modo, cioè senza mai prendermi sul serio, ma suvvìa un po’ di pepe ci vuole anche nelle scampagnate più addomesticate. Altrimenti la “gambetta velenosa” così come me la sono vista descrivere da Claudio-Makako-Veloce su Strava, rimane inappagata.
Così ero proprio curiosa di vedermi immersa in un’iniziativa che, alla presenza di un fotografo che ci avrebbe seguite sulla macchina d’appoggio per documentare in stile Rapha, non solo avrebbe visto potenzialmente il mio naturale narcisismo esplodere, ma lo avrebbe fatto in una circostanza di sfida non apertamente dichiarata.
Milly De Mori infatti, la creatrice del brand start up e dell’esperimento di uscita tutte insieme, fin da principio era stata molto chiara: “finalmente un’uscita fra donne senza rivalità, gestendo tra noi i cambi per tirare, senza il solito supporto che ci danno gli uomini. Sarà bellissimo”. Vero. E infatti animata da questo saggio input fin dalla nebbiosa partenza da Broni provo prima a stare in coda, ma perdo il ritmo, e poi mi metto in testa a tirare. A 35 km/h. Ohibò, perdiamo i pezzi. Ecco, neppure 20 km e mi faccio già riconoscere.
Con noi ci sono Arianna, 28 anni e una preponderante preferenza per il running che prossimamente eserciterà in un’impresa in Israele alla presenza di Donna Moderna, e Susan, direi americana, più nella fascia d’età mia e di Milly, con maglia della Drop, la squadra che un tempo era parte unica della Moser.
Che dire poi di Iryna e Sarah? Reduci dai trionfi dell’ultracycling, anche se sono a fine stagione di energie ne hanno ancora da vendere. Il mio obiettivo quindi è stare alla loro ruota il più possibile perché, anche se Sarah approfittando dell’uscita tranquilla in salita mette il rapportone con il 52, per fare potenza, io comunque sono migliorata molto rispetto a primavera, quando al Sellaronda Bike Day il cuore e il fiato erano del tutto fuori controllo e annaspavo per stare in gruppo.
E le salite dell’Oltrepò sono davvero una bella sorpresa. La prima è immersa nella nebbia, ma si intuiscono i filari di viti. La pendenza è così dolce che non viene neppure da controllarla in percentuale sul Garmin. La cosa più strana, per una ciclista monobrianzola come me, è che qui non c’è principio e non c’è fine. È tutto un su e giù dove bisogna imparare a dosare le forze. Le salite successive poi, a nebbia diradata, esploderanno nel sole in tutta la loro bellezza. In 80 km ci troviamo in paesaggi così diversi da avere l’impressione di pedalare da una vita. Eppure siamo sempre in un ridotto fazzoletto di terra lombarda, dove alle viti fanno posto panorami più selvaggi, che paiono rubati alla Toscana, fino ad attraversare paesini ignoti dove ogni tanto le narici sono stuzzicate dagli effluvi del vino giovane, appena prodotto. Con Sarah è tutto un ammiccare per la nostra comune predilezione per la bevanda degli dei (anche Bacco è un dio che non ci piace negare) e così il mio fegato in più di una salita sembra ricordarmi con la sua vocina malevola: “vedi 4+4 bicchieri di Arneis in 2 sere cosa fanno? Fanno 180 bpm al minuto!”
Ma la gamba tiene, nonostante fiato e cuore non siano il mio forte, e più volte approdo in cima con un bel ritmo da podio.
Il gruppetto del resto è coeso e più volte ci si compiace di quanto è bello questo esperimento, tra selfie con le colline sullo sfondo, e sorrisoni stampati in faccia. Oggi ci si burla dei Qom, oggi ci si aspetta e ci si ferma a beneficio del fotografo. E sempre in favore di telecamera ci si alza sui pedali, per qualche sgommata estetica.
Del resto non siamo proprio in Brianza. Qui ad ogni paesino ci si imbatte nei profumi dei futuri pranzi domenicali in famiglia. La macchina del tempo ci ha forse catapultate nel vecchio programma Rai di Mario Soldati dedicato alla cucina lungo il Po?
Assolutamente sì… e l’andatura “bruciagrassi” ci ha proprio messo un appetito che, tra le ruote di Iryna e Sarah, sarà ulteriormente provocato con gli ultimi km in piano alla media di quasi 40 all’ora. Presto! Le gambe hanno fretta di sistemarsi sotto al tavolo. E così sarà. Al Passo Marinaro ci attende il nostro “pranzo di famiglia NGNM” con un’ottima grigliata mista di pesce a ricordare che il perfetto ciclista, uomo o donna che sia, non disdegna mai la buona cucina.
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