Di cosa parliamo quando parliamo di sartorialità? Parliamo del fatto che fare moda, creare abiti e collezioni, è un processo che coinvolge tutti i sensi: il gusto, la vista, l’udito e l’olfatto incamerano idee e sensazioni, creano associazioni mentali e di senso fra situazioni, oggetti e azioni e trasfigurano ciò che accade in idee, in principi astratti.
Il tatto e le mani sono il punto d’unione fra la creazione di un pensiero dall’esperienza e il suo ritornare nell’esperienza sotto forma di oggetto – in questo caso di abito e oggetto di moda – che diventa nuovamente esperienza anche se in tutt’altra forma, perché un abito si indossa, si tocca, si osserva.
Vittorio Camaiani è un sarto, termine che sottintende timidamente una nobiltà estrema, e uno stilista perché scolpisce i suoi abiti con le mani e con i pensieri e il risultato è un’immagine che, oltre all’evidente bellezza, immediatamente rimanda a significati più profondi e mondi altri, a uno stile, appunto. Ne abbiamo parlato con Vittorio Camaiani: di arte, di moda, di storia e di maestri.
Quali sono i suoi maestri? “La Natura, l’Arte, la Vita”. Sono queste le mie fonti di ispirazione. Parlando invece dei miei riferimenti nel modo della moda direi Yves Saint Laurent per la sensualità, Valentino per l’eleganza e il mio maestro Massimo Fioravanti per la passione che mi ha trasmesso”.
I suoi abiti spesso scolpiscono con grazia e decisione la silhouette femminile. Come intende la relazione tra abito e corpo? “Cerco sempre di non scordare “il movimento” di un abito che creo, immaginandolo muoversi con anima e corpo di chi lo indosserà”.
Sogno e tecnica: come convivono questi due elementi nella sua moda? “La tecnica si perfeziona con l’esperienza, abito dopo abito, collezione dopo collezione. Ed è poi la tecnica a permettere al Sogno di prendere forma e di arrivare al corpo in modo armonico”.
Quali sono i tagli, le soluzioni stilistiche, le tecniche che predilige la sua moda? C’è un elemento che considera una sua firma, un segno distintivo? “Il dna della mia moda è un’eleganza innovativa e l’attenzione ai dettagli e ai materiali. Ogni collezione nasce da un’ispirazione e da un percorso creativo complesso, seguendo i miei racconti, spaziando tra mondi spesso lontani nel tempo ma senza mai perdere quella sartorialità che considero un mio tratto distintivo”.
L’arte e la storia sono un riferimento costante nelle sue collezioni, perché? “Da osservatore e consumatore del “bello”, mostre e viaggi nutrono continuamente il mio immaginario dando vita all’ispirazione che sta dietro ogni mia collezione”.
Ha di recente portato il suo “AtelierPerUnGiorno” a Milano da MAD Zone, il suo è un nome di punta dell’alta moda di Roma. Dal punto di vista della moda, che relazione c’è tra le due capitali d’Italia? Quali differenze e quali somiglianze? “La mia moda è stata spesso definita una “Prêt-à-Couture” e in questo senso possiamo immaginarla come un anello di congiunzione tra Roma e Milano. Mi spiego. Da un lato le mie creazioni che sfilano ad AltaRoma a gennaio e a luglio rispondono a una narrativa certamente più vicina all’alta moda, di cui Roma è storicamente sede d’elezione. Dall’altro lato, in occasione degli “AtelierPerUnGiorno”, la mia proposta si estende anche a capi che, pur rimanendo collegati al tema ispiratore della collezione, hanno una portabilità ed un costo che li avvicina maggiormente al prêt-à-porter di cui Milano è da sempre capitale”.