Anche la settimana della Moda di Parigi sta giungendo al termine e nella giornata di ieri le sfilate più attese sono state quelle di Valentino, disegnata da un forse troppo osannato Pierpaolo Piccioli, Céline. Io le ho viste e questo è il mio punto di vista.
Céline è Pheobe Philo, Pheobe Philo è Céline. In pochissimi sono riusciti a trasformare a propria immagine e somiglianza il brand di cui sono direttori creativi, ma lei si e la sfilaa andata in scena ieri ha dato come la sensazione che fosse proprio lei la fondatrice del marchio e non la Signora Vipiana nel 1945.
La collezione è apparsa, come del resto il lavoro della designer inglese appare: precisa, ragionata, coerente, minimalista e sicura. Allora ecco in passerella il tailleur pantalone maschile, la giacca lunga e a tubo con le maniche volutamente allungate da nascondere le mani in un nero assoluto. Poi arriva il cappotto minimalista, il trench che si gonfia camminando (adoro) e le borse a tracolla, che sono la benzina che da anni fa andare avanti questa casa di moda, le stampe orientali che ricordano i tattoo.
Unico vezzo è la coperta verde menta, che scalda e che secondo me simboleggia l’attaccamento della designer al brand, come a voler dire a tutti quelli che da un po’ di tempo rumoreggiano sul suo imminente abbandono del marchio francese, che lei resta, che da Céline non va via perchè Pheobe Philo è Céline, Céline è Pheobe Philo.
Pierpaolo Piccioli da Valentino per il prossimo inverno si interroga su cosa sia il nuovo e sostiene che per capirlo bisogna far incontrare tempi e stili diversi. Così lui unisce il periodo vittoriano con il pop anni ’80, e più precisamente il periodo in cui era super in voga Cindy Lauper (non chiedetemi perchè, ma a me alcuni colori, dettagli e riferimenti sugli abiti hanno fatto pensare a lei).
In scena dunque trench ricamati di jais neri con motivi vittoriani da portare con i sandali bassi o per contrastare con gli anfibi intrecciati e nudi sopra il tallone, come a voler lasciare una piccolissima traccia sexy di sé. Dico piccolissima perchè credo che la collezione abbia un grande senso di pulizia e pudore, sono lontane le ostentazioni del sexy a tutti i costi, così Piccioli sceglie abiti a trapezio di plissè, abiti lunghi di velluto rosa e cappotti in colori acidi. Insomma niente di particolarmente wow, niente che mi abbia fatto pensare a qualcosa che è destinato a durare nel tempo.
Credo fortemente che questa sia la peggiore collezione di Valentino da quando Piccioli è direttore creativo, quindi anche quando insieme a lui c’era la Chiuri.