La chiamavamo kitchen therapy ed erano lunghe chiacchiere intorno al tavolo della cucina, nei lunghi dopocena di inverno. Servivano a dare un senso al caos dei pensieri ed era un modo assai divertente per evitare la camicia di forza, in attesa di capire che non si era adolescenti tardive, ma si era state adulte precoci.
Federica Brunini immagina invece le sue donne intorno a quattro tazze di the, che diventano tazze di tempesta per tutte le passioni che riescono a condensare: è il titolo di uno dei sui libri, che segue ‘La matematica delle bionde’ e trova un equilibrio non banale fra l’ironia della chick lit anglosassone e l’attrazione fatale tutta latina per un certo tipo di introspezione.
Federica ci spiega perché è così curiosa delle donne, dal suo punto di vista di donna che si è guardata sorridendo, ha fatto la conta dei suoi talenti e ha deciso di buttarsi a capofitto nel metterli a frutto uno per uno. Capire, scrivere e, fondamentale, viaggiare, sempre che siano effettivamente tre azioni diverse. Dall’Italia a Malta, che è diventata la sua seconda patria, il passo è solo geograficamente breve e si possono scoprire molte cose. Eccone un assaggio.
Traveltherapy: cosa significa per te il viaggio? “È il più prezioso strumento di conoscenza di se stessi e del mondo. Ed è la metafora perfetta della nostra esistenza. Si dice che la vita sia un viaggio, anzi IL viaggio. E viaggiare ci aiuta a vivere meglio. In questo senso, è terapeutico: perché risponde alle domande che ognuno si porta dentro”.
Hai scritto tanto di donne, di amicizie e storie femminili archetipiche e esemplari. Come si immaginano e si raccontano le donne, oggi? Quali sono i nodi e le sfide che ti sembrano più condivisi e centrali? “Ogni donna è una storia, ed è per questo che ne resto sempre affascinata. Siamo complesse, piene di conflitti, di paure di ansie… eppure sperimentiamo, esploriamo, ci buttiamo. Spesso con più coraggio degli uomini. Non voglio essere fraintesa, non voglio fare una guerra di genere. Ma trovo che oggi più che mai le donne portino sulle spalle il peso e l’onore di tutte le nuove sfide che la nostra epoca comporta. Che siano madri o no, sono coloro che “generano” nuovi modelli, nuovi stili di pensiero, nuovi temi, nuove prospettive. È attraverso loro che il futuro si realizza, e questo vale nel lavoro così come nella sfera privata. I cambi di passo, le nuove strade sono spesso segnate dalle donne. Poi magari gli uomini le organizzano e le spianano meglio, ma l’input è femminile… Penso ai social network: le donne sono social da sempre, prima di Facebook c’erano loro con i diari, le letterine alle amiche, le serate, lo shopping insieme…”.
Da ‘La Matematica delle Bionde’ a ‘Quattro Tazze di Tempesta’: nell’era digitale, cosa si prova a sfogliare il proprio libro e cosa spinge a scriverlo? “Per me non c’è differenza tra il libro cartaceo e l’ebook: contano le storie, non il mezzo che le raccoglie. Ognuno di noi è una storia da raccontare, e io vorrei raccontarle tutte. La lettura richiede la capacità di ritagliare tempo e spazio per se stessi. È una forma di meditazione, di introspezione. E oggi abbiamo bisogno di fermarci ogni tanto e verificare a che punto siamo con la nostra storia personale: siamo ancora i protagonisti? Come stiamo procedendo di capitolo in capitolo? Lo stesso vale con la scrittura”.
Dalla carta stampa al blog passando per l’editoria libraria: come cambia la scrittura, come la vedi cambiare dal tuo punto di vista di professionista della comunicazione? “Cambiano i mezzi, cambiano i tempi e le modalità con cui si utilizza la scrittura… ma non la scrittura in sé, o meglio l’esigenza della scrittura. Mi spiego meglio. La tecnologia ha permesso a tutti di fare foto in qualunque momento, mentre una volta ci volevano apparecchi per professionisti, studi, filtri, addirittura laboratori di sviluppo e stampa… Il bisogno di fare foto, di esprimersi attraverso un’immagine o di serbare un ricordo, però, è lo stesso. Sono cambiate la tecnica e la tecnologia, cioè la risposta a quel bisogno, ma non la domanda”.
Piccola nota biografica: da dieci anni a questa parte Malta ritorna spesso nelle biografie di molte persone che conosco e da bizzarra terra di mediteranei anglofoni e cavalieri è diventata una presenza familiare e quotidiana. Tu che la conosci bene, come sta cambiando Malta e perché? “Malta ha messo il turbo. In pochi anni, sta facendo quello che altri Paesi hanno fatto in qualche decennio. Da quando è entrata nella UE, tutti i maltesi hanno affrontato un cambiamento culturale e sociologico, nonché economico. Il Paese sta investendo sul turismo, d’affari e non, ma prima di tutto sulla propria identità. L’anno prossimo, con Valletta capitale della Cultura, la sua fama aumenterà ancora e aumenteranno gli sforzi per valorizzare una cultura che, per quanto isolana e ridotta dalle dimensioni dell’isola, può contribuire a ridefinire la mappa dell’Europa”.
Tre consigli brevi per cambiare vita senza perdersi. “Aiuto, che domandona! La vita è perdersi… per poi ritrovarsi, no? Comunque, proviamo:
1) Avere chiaro chi siamo e cosa è importante per noi, non importa cosa possano dirci gli altri
2) Sviluppare una grande capacità di adattamento e di empatia
3) Rispetto di se stessi, dei propri obiettivi, degli altri e delle loro opinioni”.