In poco più di due ore si può passare dalla Milano “sempredicorsa” alla verde quiete della Valtellina dove prati in fiore, torrenti, ghiacciai, e silenzio la fanno da padrone. Un viaggio di relax ma non solo, che ci ha trasportato per due giorni nel cuore della Lombardia a riscoprire il gusto e le tradizioni di una terra ricca di natura.
La stessa natura che ha permesso a Braulio di diventare un vero e proprio simbolo di queste terre, con il suo mix segretissimo di tradizionali erbe aromatiche, bacche e radici.
La meta iniziale del nostro viaggio alla scoperta del Braulio non poteva che essere la città dove da oltre 140 anni si crea il celebre amaro alpino – Bormio – per seguire ancora più da vicino le fasi di produzione di questa eccellenza italiana.
Innanzitutto rispondiamo a quella che forse è la prima domanda che può venirvi in mente: perché si chiama così? Semplice, per il Monte Braulio che svetta a 2980 metri nel cuore del Parco Nazionale dello Stelvio (che rimane una delle riserve naturali più vaste in Italia – 134mila ettari).
Qui si trovano e raccolgono ancora oggi le erbe e le piante che servono a dar vita al famoso liquido ambrato creato nel lontano 1875 dal Dottor Francesco Peloni, un farmacista locale con la passione per quello che la montagna e la sua natura potevano generosamente offrirgli.
Come tutti i ricercatori e gli inventori, Francesco Peloni era però molto geloso della propria creazione e non volle mai rivelare quante e quali erbe avesse utilizzato, tranne quattro, che sono tutt’ora gli unici ingredienti conosciuti della segretissima ricetta: la genziana, il ginepro, l’assenzio e l’achillea moscata.
Della genziana, che cresce sopra i 2 mila metri, si utilizzano le radici delle piante adulte che sono l’elemento più amaro che c’è in natura! Raccolte in primavera o autunno, pulite senz’acqua, tagliate a pezzi e asciugate al sole stimolano la produzione dei succhi gastrici, facilitando così la digestione.
Del ginepro si utilizzano solo le bacche che devono essere raccolte in autunno a piena maturazione e poi pestate da particolari mortai in modo tale che le fibre si separino e si schiacciano ma non si taglino, per cedere la parte migliore dei principi attivi che contengono.
Dell’assenzio, pianta erbacea perenne, aromatica, anch’essa abbastanza amara e che cresce spontaneamente nelle zone montane, in luoghi asciutti, se ne utilizzano le sommità e le foglie.
Dell’Achillea Moscata, pianta erbacea perenne con radici sottili che cresce oltre la zona boschiva con una piccola infiorescenza biancastra, se ne utilizzano le parti aeree nel momento della fioritura.
Naturale al 100%, la miscela segreta comprende poi altre erbe e piante accuratamente selezionate, tutte poste in infusione seguendo fedelmente il processo originale.
Tramandata da una generazione all’altra da oltre 140 anni, la ricetta è oggi custodita da Edoardo Tarantola Peloni che continua a supervisionare rigorosamente tutte le fasi di produzione di Braulio con la stessa dedizione e passione dei suoi antenati.
Ed è proprio Edoardo che ci ha permesso di visitare le famose cantine Braulio: sono infatti pochissimi gli amari che possono vantare una permanenza in botte e solo Braulio può riposare sotto la via Roma di Bormio!
Perché è proprio nel vero cuore pulsante del paese che l’Amaro Braulio si arricchisce di sapori in un labirinto sotterraneo (15 metri sotto terra) di vecchie e nuove cantine, dove decine e decine di grandi botti di rovere di Slavonia troneggiano sotto le strade e le case della città vecchia.
Sopra le botti è nata la nuova “Steak House” firmata Braulio, una baita in città, con piatti tipici della regione, una vista perfetta sulle montagne circostanti e uno “SpritzBraulio” da provare.
Ma dopo tutto questo viaggiare, girare, camminare, gustare e scoprire … serve un po’ di relax e il viaggio continua verso un’altra meta tipicamente locale: le terme. I Bagni Romani esistono infatti da duemila anni con sorgenti millenarie e grotte secolari. E i Bagni Nuovi ne sono la perfetta evoluzione, con differenti percorsi in acque termali del Parco Nazionale dello Stelvio, vasche e piscine all’aperto per un rilassante contatto con aromi, luci e colori della natura.
La stessa evoluzione che ha seguito Braulio quando nel 2000 è stato deciso di lanciare sul mercato “Braulio Riserva”, una produzione limitata creata con lo scopo di rendere omaggio alle generazioni precedenti. Un vero tesoro ispirato al tradizionale processo Braulio ma con un tocco di modernità.
Braulio, che sia classico o Gran Riserva, i veri intenditori consigliano di berlo liscio e a temperatura ambiente ma con il grande caldo nessuno vi dirà niente se mettete in freezer la bottiglia e lo sorseggiate freddo, così come al contrario nelle piovose sere invernali potete addirittura scaldarlo in un pentolino a mò di vin brulé!
Una cosa però è certa, per assaporare al meglio un bicchierino di Braulio, come ogni amaro che si rispetti, ci vuole prima un pranzo come si deve e in Valtellina non si va certo per mangiare insalata e quinoa.
L’ultima tappa del viaggio quindi non poteva dimenticare una classica passeggiata in montagna – alla ricerca di ginepro, genziana e achillea moscata, in compagnia di bellissime mucche al pascolo – seguita da un caratteristico pranzo al rifugio.
A Santa Caterina Val Furva si trova infatti lo storico Rifugio Forni, dall’omonimo ghiacciaio, conosciuto a livello internazionale per la spettacolare vista e la posizione strategica adatta sia in inverno per sci alpinismo e ciaspolate, sia in estate per trekking ed escursioni in mountain bike.
Ci penseranno poi i pizzoccheri, i salumi, i formaggi, gli sciatt, le zuppe, la polenta, gli stufati e le torte casalinghe a ridarvi le energie necessarie per scendere a valle e magari ricominciare tutto il viaggio dall’inizio al grido di “#MenoMondano #PiùMontano”!