Cosa ci fanno Miyazaki e Dylag Dog fra Platone e Heidegger? Che c’azzeccano i fumetti e i manuali di antropologia? La reazione può essere la stessa che abbiamo provato di fronte all’ipotesi di mettere l’aceto sulle fragole al posto della panna montata, fatto salvo che poi – a farlo veramente – si scopre che non è niente male.
Si scopre che vale la pena di provarci, a convincere qualcuno che un pensiero più un pensiero non fa due pensieri ma molto di più: spesso crea un mondo intero. Da questa scommessa nasce Mimesis, casa editrice discretamente incastonata nei meandri di Sesto San Giovanni.
Nel catalogo c’è da perdersi, fra antropologia, filosofia, linguistica, scienze sociali e varie amenità, ma la novità è nella leggerezza con cui argomenti così densi vengono proposti, una leggerezza che non mette soggezione e incuriosisce, una leggerezza che non toglie scientificità al pensiero ma lo rende accessibile. Dopodiché rimane il problema di capire se la curiosità e i pensieri bastano a tenere in piedi una casa editrice che è anche un’impresa, se bastano per costruirsi lo spazio per dire qualcosa davvero, ma soprattutto per farsi ascoltare. Questo lo abbiamo chiesto direttamente a Luca Taddio, direttore editoriale Mimesis.
Cosa c’entra Miyazaki con la filosofia? Come si arriva a pensare un libro di questo tipo? Spesso si ha un’idea di cultura troppo rigida e astratta. Invece la cultura è qualcosa di assolutamente concreto: esprime come viviamo, la nostra forma di vita. I fumetti sono cultura, come insegna Umberto Eco. Recentemente abbiamo dedicato un libro a Dylan Dog e ai film di animazione di Hayao Miyazaki. Abbiamo inoltre creato una collana dedicata alla musica contemporanea dove si possono trovare riflessioni su autori molto diversi come John Cage, The Doors e Miles Davis. Miyazaki è un vero gigante del nostro tempo, i suoi film sono autentiche opere poetiche. Pensieri, riflessioni e cultura possono annidarsi ovunque: nella musica, nel cinema, nelle serie tv, nei fumetti e nella pornografia. Riflettere sui vari aspetti della contemporaneità non significa certo che tutto è cultura o che tutto può essere un’opera d’arte e se qualcuno vi racconta questa favola, voi prendetela come tale.
Ci sono libri che raccontano fatti, altri sogni, altri – come i vostri – pensieri. I pensieri hanno ancora un mercato? Molto ristretto.
Filosofia, antropologia, scienze sociali possono essere pop, cioè popolari, cioè raggiungere un alto numero di persone? Nel caso, come? Attraverso testi e interventi divulgativi realizzati in modo da non richiedere competenze specialistiche.
Come nasce e cresce una casa editrice come Mimesis? Non ne ho idea! Certamente con molto lavoro, ma il mio lavoro e quello del mio socio Pierre Dalla Vigna non è più importante degli altri. Il risultato dipende dalle molte “figure” che abitano questa struttura e dalla loro professionalità. Non solo: dipende in buona parte da una rete di rapporti, dagli autori e dal fatto che Mimesis sia una comunità in continuo divenire: la nostra forza risiede qui, in questa rete che produce una molteplicità di idee e di piani di discorso.
Da dove prendete i vostri autori? Come li scegliete? In mille modi diversi e da mille situazione diverse. Sono il risultato di questa “comunità”, in parte virtuale e dunque realissima.
Come è cambiato il mestiere dell’editore negli anni 2000? Esiste ancora la possibilità per un editore di dare una sua impronta, un indirizzo? L’editoria in senso tradizionale è morta, dovremmo presto inventare un altro nome, ma sia io che Pierre abbiamo simpatia per gli zombie: entro Natale uscirà un libro dedicato a Walking Dead e, come loro, continuiamo a camminare anche da morti non sapendo bene in che direzione… Ma il vero problema, come in Walking Dead, sono i vivi, non i morti. Allora chi sono i vivi oggi? Potenti multinazionali in grado di influenzare il governo del mondo. Per reazione dobbiamo riscoprire uno sguardo critico cosmopolita: dobbiamo ripartire dall’idea di Terra Patria come bene comune. Se c’è un senso in tutto quello che sta succedendo oggi è che tra cento anni esisterà, se esisterà, un uomo antropologicamente diverso, modificato. E’ in atto una progressiva ibridazione tra l’uomo, la macchina e l’ambiente. Ciò implica una quantità di problemi enorme, in primis di natura politica. Tutto ciò come influenza l’editoria? Poco o nulla, ma certamente la conoscenza sta al centro delle trasformazioni in atto.
Quanti km fa un editore oggi? Quanto è importante l’azione di raccordo fra pensieri e luoghi lontani? L’azione di cui parla sta nel mio ipad. Non mi ha fatto nemmeno una domanda sensata e abbiamo già finito l’intervista? Sto scherzando, ad ogni modo leggere per leggere non serve a nulla, un film o un libro, una poesia, un’opera di pensiero o artistica deve poter cambiare la vostra vita. Se invece per voi è solo un modo per passare il tempo, per intrattenervi, allora rimanete oggetto di consumo, utile ad alimentare questa favolosa macchina che deve produrre e consumare per vivere e che alcuni, sbagliando, chiamano “capitalismo”. L’ultimo punto sui km… In effetti faccio molti km, il mio obiettivo è di realizzare una casa editrice europea, a volte sento che tutti questi viaggi in giro per l’Europa sono necessari, altre volte mi sento solo un idiota, non so, scelga lei…