Abbiamo incontrato Chiara Marconi e Federica Tiranti co-fondatrici del brand di lingerie femminile del momento: Chitè Milano.
Come vi è venuta in mente questa idea? In quale preciso momento si è accesa la lampadina? Eravamo a Parigi nel 2017 e insieme abbiamo parlato di quanto stesse cambiando l’immagine della donna, di quanto la donna fosse diventata molto più indipendente rispetto alle generazioni passate. Poi in un bel momento ci siamo guardate e ci siamo dette che indossiamo sempre gli stessi capi intimi e così ci siamo dette: “facciamo una linea di lingerie!”
Questa idea è nata senza che nessuna delle due avesse avuto esperienza nel mondo della moda o no? Nulla, nessuna esperienza. Abbiamo studiato rispettivamente Farmacia e Studi diplomatici, quindi niente che avesse a che fare con la moda. Quando abbiamo iniziato non sapevamo distinguere il tulle dal pizzo e non avevamo idea di come iniziare a creare un business plan.
Poi avete fatto dei corsi? No, abbiamo imparato tutto sul campo.
Quindi, stando al vostro percorso, si potrebbe dire che non è necessario frequentare istituti di moda per realizzare i propri sogni in questo settore? L’approccio che abbiamo noi è molto pragmatico. Il modo in cui Federica struttura la collezione parte da semplici domande che si pone: “Di cosa ho bisogno?”, “Di cosa le mie amiche hanno bisogno?”, “Di cosa le clienti hanno bisogno?” quindi non c’è un concetto creativo a guidare la collezione. Certo ci sono le ispirazioni, ma tutto parte dal bisogno.
Da questa idea nata a Parigi, poi cos’è successo? Abbiamo finito i nostri percorsi di studi e poi siamo tornate in Italia perché non vedevamo un paese diverso dall’Italia per realizzare quest’impresa. Per noi era di fondamentale importanza il lavoro di artigianato che c’è in Italia e volevamo mantenerlo. Quindi siamo rientrate in Italia e abbiamo iniziato cercando di capire come poter creare questi capi, perché eravamo convinte che ci sarebbero bastate una sarta e una macchina da cucire, ma abbiamo poi scoperto che ci servono delle corsettiste e 18 macchine da cucire per fare un reggiseno.
Come avete affrontato le prime difficoltà? Se parliamo di difficoltà ti dico che ne abbiamo passate tante. Noi siamo ex atlete di sci e non molliamo mai. Il primo anno ci siamo dedicate a sviluppare una filiera produttiva che fosse cortissima e italiana. Raccontiamo sempre che non usiamo seta perché in Italia non ci sono più bachi da seta e per questo usiamo il raso di poliestere riciclato perché vogliamo che tutto sia italiano, dal filato alla sarta. Insieme ai nostri fratelli, che sono anche loro soci minori, abbiamo sviluppato tutta la parte economica e strutturato l’azienda.
Come nasce una collezione creata da una persona che ha fatto un percorso di studi di Farmacia? Forse il merito è da dare a tanta intuizione. Partiamo dai nostri bisogni e da quello che vorremmo indossare noi e da quello che secondo noi sul mercato manca. Faccio un esempio: tutti i reggiseni che ci sono sul mercato hanno le spalline regolabili dietro le scapole e noi abbiamo spostato il regolatore sul davanti, per andare incontro alla comodità e alle necessità della donna. Per la creazione del capo a livello tecnico ci appoggiamo a una modellista che si occupa del disegno tecnico e che ci dice se quello a cui stiamo pensando è fattibile oppure no. Sotto il punto di vista stilistico, invece, c’è stata molta ricerca alle fiere. Iniziando a lavorare abbiamo fatto una serie di scoperte, una dopo l’altra. Come dicevamo prima, abbiamo optato per il raso e non per la seta: il raso che utilizziamo noi è un raso di un’azienda italiana molto conosciuta.
Qual è la parte più divertente e quella più difficile del vostro lavoro? La nostra parte più divertente e contemporaneamente più difficile è la gestione del team. Regala tante emozioi ed è veramente bello vedere tutte le donne che lavorano con noi ogni mattina in ufficio; però bisogna essere capaci di gestirle sia a livello umano e quindi di supporto, ma anche a livello professionale.
La collezione dov’è distribuita? Ad oggi il canale principale di vendita è quello online, con il nostro e-commerce, ma abbiamo anche il canale all sale. Abbiamo un corner permanente a La Rinascente e siamo distribuiti su Zalando, Yoox, Farfetch e su una serie di grandi player online. Ci sono poi circa 30 negozi tra Italia ed Estero e poi il nostro pop-up store.
Andano fuori dall’Italia quali sono i mercati che vi apprezzano di più? A livello organico il primo mercato è quello italiano, a seguire quello americano e al terzo posto c’è quello inglese.
Rimarrete sempre sul settore intimo femminile o state pensando di ampliare l’assortimento con capi per uomo? Qualcosina per uomo c’è, anche perché i nostri fratelli che sono all’interno della società si sentivano molto discriminati e quindi abbiamo creato il boxer da uomo in popeline e tessuto liberty, con all’interno il sostegno. Rimaniamo però focalizzate sul mondo donna e in primavera ci sarà il lancio dei costumi. Ciò che ci distingue dagli altri brand di intimo è che noi siamo il primo brand di intimo personalizzabile e su misura: abbiamo voluto che tutti i fisici femminili, che sono tutti diversi, potessero avere il loro prodotto. Tramite il nostro sito si può acquistare un capo dalla collezione permanente e farlo fare su misura oppure si può creare un capo da zero, o ancora si può acquistare un capo e fargli aggiungere solo un ricamo o le iniziali personalizzate.
Per quanto riguarda le vendite online, quanto incidono le vendite dal vostro sito? Direi l’85%.
Voi analizzate anche tutto il circuito di big data che vi arrivano dalle ricerche? Sì, siamo molto attente a tutta la parte delle analytics e della data analysis. Da Google noi oggi andiamo a intercettare tutte le ricerche di keyword, come abbiamo fatto per esempio con i prodotti bianchi che abbiamo riottimizzato come linea sposa. Abbiamo poi fatto tutta l’analisi del cliente, che online è molto diversa, motivo per il quale ogni sei mesi facciamo un’analisi molto approfondita dei nostri clienti, chiamandoli anche per capire che tipo di clienti sono. Dopodiché incrocamo i dati.
Cosa volete comunicare attraverso la nuova campagna? Abbiamo lanciato la campagna “Tits Up” che abbiamo concluso dopo molto tempo. Dal concetto di “testa alta” noi siamo arrivate al “petto in fuori” perché a volte la donna ha bisogno di avere una propria consapevolezza e di sentirsi sicura di se stessa. Ultimamente la donna sta acquistando molta più fiducia, ma manca ancora qualcosa e il nostro messaggio a tutte le donne è quello di dire: “guardatevi allo specchio e prendete il tempo per voi stesse, credendo in voi stesse e nei vostri sogni e…Tits Up! sempre, perché potete farcela!”