Dopo i locali chiusi in Turati e in Pta Romana si parla già di flop del frappuccino. Vediamo perché e cosa resta degli Starbucks milanesi.
Forse troppe aspettative? Investimenti in zone sbagliate della città? Menù con prezzi troppi alti?
Chi lo sa, c’è da dire che chi credeva che l’espresso al bar sarebbe stato soppiantato dal frappuccino dovrà ora ricredersi perché i numeri parlano chiaro.
Starbucks ha chiuso i locali di Turati e Porta Romana a Milano aperti meno di 2 anni fa, i conti sono in rosso e il futuro è incerto causa Covid.
La storia d’amore tra Starbucks e Milano
Quando nel settembre 2018 veniva inaugurato il mega Starbucks di piazzale Cordusio in un grande palazzo storico ex sede delle Poste nel pieno centro cittadino e dedicata al culto del caffè – la “Starbucks Roastery”- la lunghissima coda di gente all’ingresso e la folla di curiosi per la strada erano la notizia del giorno.
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La curiosità era tanta, la combo Starbucks per il caffè e Princi per i prodotti da forno sembrava l’ideale, la scenografica struttura interna per la torrefazione istantanea di tonnellate di caffè h24 era decisamente affascinante e tutto sommato l’idea di potersi sentire un po’ newyorkesi con il proprio bicchierone di caffè con scritto il nome a pennarello rendeva il tutto una formula davvero vincente.
E ha funzionato davvero bene per un paio d’anni tanto da spingere Starbucks ad aprire altri locali più piccoli sparsi per tutta la città e non solo.
Si avverava così il sogno di Howard Schultz di aprire finalmente Starbucks in Italia, nel paese che la cultura del bar l’ha proprio inventata, dopo decenni di tentennamenti del fondatore.
I locali Starbucks aperti a Milano
A oggi sono 6 i locali dove ordinare un frappuccino e un muffin sotto la Madonnina:
- Starbucks via Durini
- Starbucks corso Vercelli
- Starbucks Garibaldi
- Starbucks via Restelli
- Starbucks in stazione Centrale
- e ovviamente la Starbucks Roastery di Cordusio.
Ed è proprio dalla sfarzosa “Reserve Roastery” che sono arrivati i primi segnali di indebolimento del colosso americano.
I conti in rosso di Starbucks?
La torrefazione di Cordusio è stata la spesa più grande della Società, con un investimento di oltre 50 milioni di dollari. Poi è arrivata la pandemia Covid-19 e da Milano sono spariti i turisti e con loro i clienti nella Roastery, facendo così capire ai manager di Starbucks che forse in fondo in fondo non erano davvero riusciti a convertire i milanesi al caffè lungo americano.
Per fortuna la torrefazione interna di Cordusio tosta circa 3,5 tonnellate di caffè al giorno e funziona 24 ore a ciclo continuo come una vera e propria fabbrica rifornendo i punti vendita Starbucks in buona parte d’Europa, in questo modo si coprono le perdite della parte ristorazione e servizio caffè ai consumatori e si ripaga una parte dei debiti.
Sono seguite poi le chiusure del locale in via Turati e di quello in Porta Romana e tutto questo ha portato Starbucks Italy srl ad avere nel 2020 un calo del 44,28% dei ricavi, con 6,18 milioni di euro contro gli 11 milioni realizzati nel 2019.
Il futuro di Starbucks in Italia
Sembra quindi che il progetto Starbucks, dopo un primo momento di entusiasmo, non sia davvero entrato nel cuore dei consumatori milanesi come ci si aspettava?
Il caffè espresso con brioche al bar è un rito molto diverso da quello americano e sono strade che non si incontreranno mai?
Non sembrerebbe pensarla così Starbucks che ritiene essere semplicemente cambiate le abitudini di consumo e continua a credere l’Italia un buon investiamo tanto da essere in cerca di due nuove location in centro a Milano. Di cui non si sa ancora niente ma di certo non saranno negozi faraonici come quello di Cordusio perché il nuovo amministratore delegato di Starbucks, Kevin Johnson, ha deciso di sospendere in tutto il mondo l’apertura di questa tipologia di negozi d’impatto scenografico e di immenso impegno finanziario.
Nel settembre 2021, in occasione del terzo anniversario dell’apertura della Starbucks Reserve Roastery a Milano, Starbucks aveva annunciato l’intenzione di aprire altri 26 negozi entro il 2023. E questo pare sia il progetto a lungo termine della Società americana, con caffetterie più “tradizionali”, più piccole e maggiormente dedicate al take-away, concentrate nel Nord e nel Centro Italia, sotto la regia del gruppo Percassi di Bergamo, partner e licenziatario unico per il nostro Paese.