Fatti due conti sulla tempistica dei “diari della bicicletta” non ho potuto fare a meno di notare che questa puntata sarebbe caduta il 24-12 che, attenzione, non è un rapporto tra corona e pignoni, ma semplicemente la vigilia di Natale.
Natale per me rappresenta il periodo peggiore per l’idea di praticare il ciclismo. Ricordo che l’anno scorso la ciclabile lungo la Martesana, una delle mie preferite di sempre, era piena di pozzanghere gelate, mentre nel letto tristemente asciutto del naviglio scorrazzavano le inquietanti nutrie che, a quanto pare, non vanno in letargo.
Dalle parti di via Idro poi avevo persino incrociato uno strano maiale peloso. Mi trotterellava allegramente incontro, così, come se fosse normale essere dei maiali che pascolano a Milano. In pieno inverno.
Insomma non è giusto. Hai un po’ di tregua dal lavoro, iPad-Blackberry diventano piacevoli strumenti di cazzeggio e tuttavia la molla del prendi-inforca e scappa non scatta proprio. Nella testa si materializzano le più oscure paure del ciclista. Ciascuno naturalmente ha le proprie, come in Orwell 1984, ma alcune sono forse più diffuse di altre.
Per esorcizzarle non c’è niente di meglio che condivederle. Ecco quindi le “mie” 5 paure del ciclista d’inverno:
1) La sinusite perenne
Ho messo berretto di lana, fascia e caschetto, ma nulla può impedire l’arrivo di una bella infiammazione delle cavità paranasali. Il tutto naturalmente si scioglierà solo in agosto, come le nevi.
2) Il rapinatore di biciclette
Sì, non un bonario ladro, un rapinatore. Un vero bandito che mi figuro addobbato come nei vecchi dagherrotipi dell’800, con una faccia che il Lombroso avrebbe adorato. Passa tutto l’inverno in agguato dalle parti del mio incontro con il maiale, tra i ruderi di una vecchia cascina vicino al ponte sul Lambro e la Martesana.
È lì che mi aspetta… con le puntine per farmi scoppiare la gomma e impedirmi la fuga. Aiuto!
3) Il ghiaccio ai freni
Sono su una pista ciclabile, non c’è un’anima in giro e così la ruota corre… corre… Quando mai tocco i freni? Sicuramente al semaforo dell’incrocio con la Statale ma, ohibò, si sono ghiacciati! Qualcuno per favore mi spieghi se questa è una paura irrazionale o può accadere veramente. Non vorrei scoprirlo in scivolata sotto a un tir!
4) Il ghiaccio ai polmoni
Ricorderò sempre che per evitare la versione di greco al liceo mi ero iscritta ad una campestre. Per sfuggire a Platone e pur senza tuta avevo corso così forte da arrivare, del tutto priva di allenamento, ad un brillante quarto posto. Ciò mi aveva portata alle provinciali, da disputare ovviamente nei giorni della merla, in una campagna che ricordava i panorami della ritirata di Russia. Ed ecco sperimentato il ghiaccio ai polmoni! La sensazione di avere un bell’iceberg al posto dell’apparato respiratorio. Niente di più terribile quando, in bici, mancano ancora una trentina di km alla doccia calda.
5) La nebbia
In Amarcord di Fellini c’è la bellissima scena del nonno che si perde nella nebbia a un passo da casa. In bici però la nebbia è meno poetica. Non basterebbero le luminarie di un presepe per farmi stare tranquilla.
Fine della lista, per ora.
Ma sono ansiosa di conoscere le paure degli altri, così potrò scoprirne (e annoverarne) di nuove. E intanto d’inverno che si fa? Semplice: i rulli a casa! Mai regalo di compleanno fu più gradito. Agili e leggeri li ho scelti della Tacx, chicchissimi azzurrini in pendant con le pareti Parma Gray 27 di Farrow & Ball della sala.
Se poi li piazzo davanti alla tv e sintonizzo su Bike Channel, il gioco è fatto, posso anche ritrovarmi sul Mortirolo con Savoldelli in piena estate!