Antonio, può raccontarci come e perché nasce questa collaborazione? Questa collaborazione nasce innanzitutto grazie alla mia esperienza più che trentennale nel settore e sono da sempre cliente di Candiani. Nel tempo, progredendo e con la conoscenza di Simon che si è trovato in linea con il mio operato e ha deciso di intraprendere questa collaborazione con me. La visita di Simon al mio archivio durante un nostro incontro – archivio piuttosto importante: circa duemila capi di interesse storico – ha destato da subito un suo forte interesse e da qui nasce la sua idea nel coinvolgermi con una collaborazione in questa nuova capsule che si chiama Riserva, dove si sviluppano sei tessuti in cimosati.
La scelta verso la mia persona è dovuta anche al fatto che il mio è un marchio che non sottopone a lavaggio, trattandosi di capi raw, ossia non trattati; il connubio tra volontà di produrre capi raw, abbinata a un marchio – il mio, appunto – che si occupa esclusivamente di raw si è rivelata perfetta. L’obiettivo era riferirsi a capi d’epoca presenti nel mio archivio e replicarli fedelmente, sviluppandoli con il tessuto di Candiani presente in questa capsule. Oggi la presentiamo e noto che l’attenzione è interessante; il mio augurio è che seguano altri eventi del genere, avvalendosi del mio archivio e dell’essenziale esperienza sui tessuti di Candiani.
A quali anni si riferiscono i capi su cui ha lavorato? Il più antico risale al 1890, proseguendo fino a giungere al più recente che è degli anni 50, ovvero gli anni di maggior attenzione per l’evoluzione del denim. Le fasi prese in considerazione dunque, nel loro insieme, sono rappresentative di tutti i punti cardine nella vestibilità e nei dettagli del denim.
Ci racconta quando nasce Blue Blanket? Blue Blanket nasce nel 2013 – ricorre quest’anno il decennale – e deriva dalla mia competenza pregressa in diverse aziende del settore, per le quali seguivo, progettavo e sviluppavo lavaggi industriali per altri marchi, appunto.
La mia passione per il denim non mi permetteva di vedere bancali di denim finire in lavatrice senza provare una sensazione vicina al sacrilegio, in quanto – per quanto mi riguarda – il jeans è solo raw e da qui il desiderio di creare un marchio che si rivolgesse unicamente al raw, consapevole che si trattasse di una scelta abbastanza forte, perché comunque nell’industria il capo più venduto in denim è sempre lavato, però i risultati arrivano e quindi mi ritengo soddisfatto di questa eccezione.
Per raw si intende non lavato, ma non necessariamente cimosato? No, non per forza; ciononostante, io utilizzo al 90% tessuti cimosati, proprio per rispetto della storia del denim mi ci focalizzo piuttosto in maniera estrema, per portare avanti il discorso di ciò che era in origine.
In che misura e dove ha visto aumentare l’interesse per questo tipo di capo nel corso di questi dieci anni? Sicuramente vedo un incremento stagione per stagione, soprattutto in nord Europa che rappresenta attualmente il punto più importante nelle vendite: al momento sono minori in Italia, ma il sentore è che ci si arriverà: inizialmente, infatti, ci si attestava su un abbozzo di coinvolgimento, adesso ci sono negozi in Italia che comprano il mio prodotto.
In collezione c’è anche una giacca che ha una storia particolare… Sì, quella giacca l’ho trovata a New York durante uno dei miei viaggi di ricerca ed è una giacca dove viene rappresentato un brand di noccioline. Quel capo mi ha colpito molto, perché riportava dei ricami fatti con la Cornely – tecnica risalente agli anni 40 e 50-, prodotta con l’ausilio di questo macchinario
È una cucitura? Sì, è una cucitura prodotta con l’ausilio di questo macchinario, la Cornely che – tradotto in italiano – crea il punto a catenella: in America, il nome del ricamo deriva direttamente da quello della macchina. Si tratta di una cucitura prodotta con una tecnica che ormai non si vede più nemmeno nel vintage ed è davvero molto impegnativa da realizzare, perché si fa a mano e al contrario, servendosi di una manopola e occorre scrivere letteralmente al contrario, altrimenti sul fronte si vedrebbe specchiato: una tecnica dunque del tutto particolare e che oggi è sostituita da macchine da ricamo industriali e questo è il motivo del fortissimo interesse che mi ha suscitato incontrarla. Ispirandomi a questa giacca bianca con ricami rossi, l’ho realizzata con un tessuto écru, inserita nella capsule Reserve, con lo stesso equilibrio di colori – giacca ècru con ricami rossi che si adattava perfettamente a questo tessuto creato da Candiani.