Gabrio Gentilini, uno dei protagonisti più apprezzati del teatro italiano, torna alla ribalta con una nuova interpretazione di Dirty Dancing.
La sua carriera, iniziata con determinazione e alimentata da studio e passione, lo ha portato a conquistare ruoli iconici e a essere scelto da figure di spicco del settore come Eleanor Bergstein. In questa intervista, Gabrio si racconta, condividendo aneddoti, riflessioni e consigli per chi sogna di calcare le scene.
Scopri il percorso di un attore che ha trasformato ogni ostacolo in un’opportunità, vivendo il teatro non solo come professione, ma come espressione di autenticità e scoperta personale. Dall’importanza dello studio alla magia del palcoscenico, Gabrio ci offre uno sguardo intimo sulla sua vita e sul suo lavoro, senza tralasciare anticipazioni sulla nuova versione di Dirty Dancing, che promette di emozionare il pubblico italiano con fedeltà e innovazione.
Un viaggio tra passione, talento e dedizione: leggi l’intervista completa per immergerti nel mondo della recitazione visto attraverso gli occhi di un grande artista.
Intervista all’attore Gabrio Gentilini protagonista di Dirty Dancing
A che età hai capito di essere veramente appassionato al mondo della recitazione e di volerlo fare nella vita? Per me i 14 anni sono stati decisivi. Giocavo a basket, ma ho capito che non era la mia strada. Ho detto a mio padre che volevo studiare danza e teatro. Sono stato fortunato perché i miei genitori mi hanno sempre lasciato libero di seguire le mie passioni, senza spingermi verso nulla. È stato allora che ho realizzato che l’arte era il mio percorso, e da lì è iniziato tutto.
Cosa ti piace di più nel mondo della recitazione? Perché ti appassiona tanto fare teatro? Mi affascina l’idea di scoprire parti di me attraverso i personaggi che interpreto. Mi piace pensare di essere come una casa, dove ogni personaggio svela nuove stanze e nuovi oggetti. Recitando, posso vivere aspetti di me che nella quotidianità resterebbero inesplorati.
Quando hai realizzato di essere qualcuno di importante in questo settore? Questo lavoro è fatto di alti e bassi, ma a 23 anni ho acquisito consapevolezza del mio valore. Ho capito che valgo indipendentemente dall’esito di un provino. So di poter sostenere ruoli importanti e assumermene la responsabilità.
Hai un aneddoto che vuoi raccontarci? Un ricordo che ti rende felice legato alla recitazione? Ultimamente ho realizzato fortemente il valore della collaborazione. Ho lavorato con Mark Biocca, un grande artista, e insieme abbiamo creato uno spettacolo, “The Fabulous Vegas Show “, in una sola settimana. È nata un’alchimia fraterna che ha reso questa esperienza davvero speciale. Abbiamo co-diretto e co-condotto, dimostrando che insieme si è più forti.
Prima di entrare in scena ti senti sicuro di te o ti capita di avere paura di dimenticare qualcosa o provare ansia per qualcosa? Dipende da quanto ho provato. Un po’ di ansia mi piace, mi dà carica, ma senza esagerare. Ricordo uno spettacolo Disney in chiave jazz: non avevo provato con i musicisti e c’erano molti amici tra il pubblico. In quei momenti o ti butti o ti blocchi. Il segreto è vivere il qui e ora, accettando gli imprevisti e trasformandoli in opportunità di creatività.
C’è qualche consiglio che potresti dare ai giovani che vogliono fare il tuo mestiere? Buttarsi senza paura. È meglio fare esperienza che vivere di rimpianti. Serve studiare tanto e imparare a non giudicare sé stessi, perché la creatività non può fiorire sotto il giudizio. Bisogna conoscere tutti i colori della propria tavolozza per sperimentare liberamente, con coraggio, pazienza e tenacia. Ma gli direi anche di chiedersi se è veramente ciò che vogliono fare. Devono volerlo con tutto il cuore, perché per tutti, anche per i più affermati, è un mestiere che chiede tanti sacrifici. Tanti.
In Italia ci sono scuole valide o è meglio seguire corsi all’estero? In Italia ci sono scuole valide, ma molte si improvvisano. Consiglio di cercare istituti che offrano una formazione riconosciuta, ma soprattutto di guardare a quanti allievi di quella scuola ogni anno riescono a lavorare. Quello è l’indice più chiaro per capire quanto è valida la formazione di un’accademia. All’estero ci sono più opzioni, ma non tutti possono permetterselo. L’ideale sarebbe fare provini in diverse realtà e poi seguire il proprio istinto.
Qual è la tua giornata tipo? Non esiste una giornata tipo nella vita di un artista. Cambia sempre. La mia giornata ideale? Sveglia presto, meditazione, allenamento, studio, lettura, e la sera prove o spettacoli. Ma raramente va così!
Fai molta attività fisica per prepararti agli spettacoli? Sì, per me è fondamentale. Mi alleno regolarmente, mangio sano, ma mi concedo anche il piacere della tavola. Prima di una performance mi preparo fisicamente e vocalmente, ottimizzando il tempo disponibile.
Ci sono stati tanti ostacoli nella tua carriera? Gli ostacoli fanno parte della crescita. Più si vuole andare avanti, più si incontrano sfide da superare. Questo mestiere è pieno di dinamiche complesse, ma gli ostacoli giusti aiutano a migliorare.
C’è qualcuno in particolare a cui ti ispiri? Ora mi piace molto il percorso di Jonathan Bailey, capace di spaziare tra serie tv, cinema e musical. Tra gli italiani, ammiro Elio Germano. Ma mi ispirano soprattutto le persone che dimostrano integrità e impegno nella quotidianità.
Quale ruolo ti è piaciuto di più interpretare? La Febbre del sabato sera è stato il mio primo grande ruolo. Ora torno in Dirty Dancing e ne sono felice: il calore del pubblico è straordinario e il ruolo di Jonny è quello da cui ho ricevuto più amore.
Come ti trovi con gli altri attori di Dirty Dancing? Siamo solo agli inizi, ma sono estremamente contento del talento e del materiale umano che mi circonda. C’è molta armonia e voglia di divertirsi e fare bene. In particolare sono contento di aver creato sin da subito un bel legame di fiducia e stima con Vanessa Innocenti che interpreta Baby. Siamo molto allineati sulle direzioni interpretative da prendere e su come stare in sala prove. Ogni giorno spremiamo il tempo a nostra disposizione!
Com’è l’ambiente di lavoro del teatro? Dipende. Cambia sempre. Ho imparato che in ogni situazione è il punto di vista quello che conta. Mi concentro su ciò che funziona sia per me che per gli altri. Dove si porta attenzione si porta energia e quindi forza, e preferisco non darne a ciò che mi disturba e crea disarmonie.
In che direzione sta andando il mondo del teatro e della recitazione? È tutto più complesso. I social media hanno reso più difficile trovare spazi di ascolto vero. Credo sia fondamentale proporre qualcosa di autentico, emozionante ma accessibile facilmente, senza complicazioni inutili. Questo settore è difficile ed è sempre più complicato lavorare in Italia, ma la storia ci insegna che la creatività si ingegna e fiorisce anche in mezzo alle difficoltà. Per cui voglio nutrire speranze e buone intenzioni per il nostro futuro. Credo servano a tutti.
Quanto tempo al giorno dedichi a studiare le battute? Odio studiare le battute! Ma gli dedico tutto il tempo necessario. Non preoccuparsi della memoria in scena è fondamentale per creare una performance autentica. Lavoro con un insegnante americano, James Price del ‘The Acting Studio di New York, che mi aiuta a mantenere una dedizione e un’etica del lavoro efficace e alta.
Ti è mai capitato di dimenticare una battuta? In quel caso cosa si fa? Certo, capita. Più cresco, più mi diverto in quei momenti. Il pubblico non conosce il copione, quindi vive ciò che accade sul momento. Gli imprevisti sono un’opportunità di improvvisazione e creatività.
Pensi che siano due cose diverse fare un provino e poi salire sul palco? Sì, sono due mondi diversi. I provini sono fondamentali perché mostrano subito chi sei e come lavori sotto pressione. Dopo il Covid, molti si fanno online, ma bisogna comunque imparare a farli bene perché rappresentano il primo passo per ottenere un ruolo.
Qual è il più bel complimento che ti hanno fatto? E quale invece la critica che ti ha permesso di crescere maggiormente? Il complimento più bello è ‘Mi sono dimenticato che eri tu’, quando le persone percepiscono la verità della scena. La critica più utile è stata ‘Non cercare di essere chi non sei’. Questo mi ha aiutato a sentirmi più libero.
Questa nuova versione di Dirty Dancing cosa porta di nuovo? La versione che debutterà il 12 dicembre al Teatro Carcano di Milano vuole essere ancora più fedele al film. L’obiettivo è renderlo uno spettacolo di prosa, meno musical rispetto al passato. Ci saranno sempre le musiche e i balli che hanno reso celebre questo film e un tocco “dirty” in più.
Come ci si sente ad essere stati scelti da Eleanor Bergstein ed essere protagonisti di Dirty Dancing? Fa impressione pensare che, dopo Patrick Swayze, abbia scelto me per l’Italia. Negli anni ho rifiutato più volte di tornare ad interpretare Johnny Castle perché volevo misurarmi in altro, ma ora sono grato a chi ha creduto di nuovo in me. In primis a Federico Bellone, il regista, per avermi dato questa nuova occasione. Vorrei emozionare il pubblico come fa il film da tanti e tanti anni.